Dimenticatevi quella democrazia
Democrazia. Il Cretino Collettivo (CC), categoria diffusa e che come sapeva Jonathan Swift entra nell’anima intellettiva sottilmente ma profondamente, spunta spesso in ciascuno di noi, e dice: più Europa, e aggiunge: più democrazia. Il valoroso popolo greco va rispettato, il governo eletto di Atene va rispettato, il referendum trappola va considerato. Serve una nuova Europa, un’Europa dei popoli (e questo è il Demente Senza Speranza, DSS). La democrazia che esiste oggi in Europa, intesa come Unione europea, è la relazione tra governi nazionali espressione di maggioranze parlamentari o presidenziali. L’Unione in quanto tale è, ed è stata pensata e costituita, come un limite alla sovranità nazionale e dunque alla democrazia e al suo esercizio. L’hanno voluta così i suoi creatori, puntando a pace e prosperità commerciale in un sistema degli stati nazionali o sistema europeo degli stati che aveva dato, oltre a cose bellissime, molta guerra e molta miseria fino alla seconda metà del secolo scorso. La democrazia di popolo ebbe d’altra parte un posto eminente nel macello, sia in via negativa sia positiva, sia come generatrice di fascismi sia come organizzatrice dei desideri nazionalistici delle masse. Per l’incompatibilità tra progetto europeo delle origini e democrazia dispiegata, con tutta la sua storia successiva, non parlo nemmeno della democrazia diretta, che è un sogno rousseauiano o un incubo barbarico di demagogia o le due cose insieme. Parlo della rappresentanza. Una democrazia di secondo grado realizzata mediante il funzionamento di élite o classi dirigenti, leggi partiti politici ed establishment, nel quadro di istituzioni sorvegliate da poteri neutri forti, e impegnate a garantire la sicurezza di una tradizione di diritto internazionale fondata sui trattati, le diplomazie, le regole messe in comune, e altre rassicuranti clausole che escludono la logica referendaria. Anche questa democrazia dei partiti è limitata, in cambio di presunti vantaggi, dal governo sovranazionale. Puoi chiedere di cambiare le regole, forzarle, renderle più duttili, evitare rigorismi e moralismi di natura religiosa, e la Banca centrale di Mario Draghi è diversa da quella di Bundesbank perché certe regole sono state cambiate o interpretate, ma non puoi chiedere la luna della democrazia comunitaria o unionista. Se vuoi la rivoluzione permanente, come dice sulfureo Sofri “il trotzkismo in un paese solo”, devi stampare la tua moneta, organizzarti un tuo mercato internazionale, usare la leva fiscale come ti pare, regolare il mercato del lavoro in corrispondenza ai bisogni e non ai meriti, produrre in altro modo e fuori dall’Europa rigorista la ricchezza necessaria a pagare pensioni baby, pubbliche amministrazioni monstre, industrie di stato e servizi pubblici fuori dalla concorrenza, questo devi cercare di fare, mobilitare sindacati piazze pope e vecchi merletti, generare l’inflazione che ti serve per estinguere eventuali debiti rimasti dopo il fallimento del modello eurocentrato e il connesso furto con destrezza all’Europa dei popoli paganti, e i mercati cattivik ti fanno tanti auguri.
Banche. Uno degli sport preferiti della piazza, in cui spesso si radunano CC e DSS in giovane età, ma non è che manchino maturi Ganimede e altra eminenete populace, è tirare alle banche anzi alle Banke. Forse è necessario, alla luce dalla vacanza greca delle Trapeza, dei cambiavalute, e delle file ai bancomat, e della messa in mora di un’economia fondata su ozio debito truffa ed elusione dei doveri pubblici, fare qualche considerazione. Nel passato qui abbiamo scritto che “salvare le banche” o “proteggere le banche”, ciò in cui eccellono tutti i paesi specie nel corso di gravi crisi finanziarie, non è un’attività elitista, una ginnastica criminale, un modo di ammazzare il popolo che se ne sta sotto il basto delle tasse esose e vede i banchieri accaparrarsi parte dell’erario pubblico, stock option, liquidazioni da favola. Perché le banche sono utili all’economia, solo la finanza può curare una crisi finanziaria, e non si sono ancora trovate istituzioni sostitutive alle Borse, agli Istituti di credito con la “i” maiuscola. Insomma quei forzieri esprimono certo interessi anche parziali, sono custoditi da tecnocrazie odiosissime, indulgono in opache rapacità, in essi allignano addirittura forme di usura o strozzinaggio o che almeno appaiono tali al piccolo imprenditore e al cittadino Joe e al risparmiatore piccolissimo e al pensionato povero, ma quando mancano, come parenti o amori lontani, la loro mancanza si sente, e come. La illiquidità delle banche è una jattura non solo per i banchieri, mi pare che si debba infine ammetterlo. Le banche sono una istituzione sociale, talvolta più utile dei patronati o dei sindacati, non si dica della Croce Rossa. L’economia del baratto non usa più da quando fiorentini e genovesi inventarono o reinventarono la finanza europea. E in una dimensione mondiale, la funzione protettiva delle banche, in particolare ma non solo delle grandi, è o dovrebbe essere fuori discussione. Lo si poteva domandare agli argentini, ieri, e ai greci oggi. Non voglio fare della facile ironia, il mondo è pieno di banchieri di sinistra e di finanzieri che danno i loro soldi a istituti il cui compito è proporre una visione nuova del mondo, regole ferree di gestione della risorsa che è la finanza, il mondo è pieno di cialtroni e di impostori che mettono la maschera dell’umanitarismo, del rooseveltismo, del keynesismo e del marxismo per eccellere nel teatro vanitoso della vita e della cultura. Io mi fido di più della banca com’è e del governo che si mostra in grado di proteggerla. Ma si sa, sono uno sfrenato liberista, oppure un moralista un merkeliano, comunque un gran figlio di puttana.