La "terza via" di Papa Francesco
Papa Francesco sta cercando di costruire una sua “terza via” che lo renda arbitro tra i governi populisti latino-americani e i loro oppositori e soprattutto spacchi la sinistra tra “filo-papisti” alla Correa o alla Morales e “laicisti” alla Michelle Bachelet, o anche alla Dilma Rousseff. È questo lo scenario che emerge in molti commenti e analisi di fonte latino-americana, dopo la visita del pontefice argentino a Ecuador, Bolivia e Paraguay.
Alla vigilia del viaggio, in realtà, si aveva l’impressione che sarebbero stati soprattutto Correa e Morales a cercare di “annettersi” il Papa. In Ecuador poi la manovra è stata meno evidente, soprattutto perché Correa era stato indebolito da alcune settimane di proteste di piazza. Ma l’impressione è stata fortissima soprattutto in Bolivia, dove Francesco ha accettato da Morales sia la chuspa, la tradizionale borsetta piena di foglie di coca, sia quel crocefisso su falce e martello che ha suscitato le polemiche maggiori. Proprio in Bolivia sono arrivate le sue parole più forti in relazione alle “gravi situazioni di ingiustizia di cui soffrono gli esclusi di tutto il mondo”, alla “dittatura del denaro” “sterco del diavolo”, e al sistema economico “che degrada e uccide”. Ma pure in Bolivia ha manifestato il suo pieno appoggio alla rivendicazione irredentista sullo sbocco al mare perduto col Cile durante una guerra ottocentesca. Ha chiesto, è vero, di non usare la violenza, ma ciò è bastato a dare l’idea di una vendetta contro la presidentessa cilena Bachelet, notoriamente atea, fautrice di aborto e matrimonio gay, e comunque tra i leader latino-americani che meno lo hanno ossequiato dopo la sua elezione.
L’esatto contrario di Correa, che oltre a definirsi cattolico devoto si è opposto a aborto, matrimonio gay e perfino alle campagne anti-Aids e di controllo delle nascite non basate sulla temperanza. Francesco ha pure confessato di stare seguendo da vicino Morales “fin dall’inizio della sua carriera politica”, mentre Morales l’ha definito “il miglior politico del mondo”, aggiungendo che “la sua predica è molto vicina al socialismo”. Accanto alle critiche al capitalismo, però, dal Papa sono venuti anche avvertimenti contro “la tentazione di proposte più vicine a dittature, ideologie o settarismi” e ammonizioni a rispettare la libertà di media, ong e intellettuali. In Ecuador ha fatto un elogio implicito di coloro che avevano manifestato contro il governo. In Bolivia durante la sua messa a Santa Cruz, una città storicamente anti-Morales, sono stati issati cartelli “amnistia per i detenuti e i perseguitati politici”. E’ stata pure ricordata un’avvertenza che Francesco avrebbe dato a Nicolás Maduro: non andrà in Venezuela, fin quando i prigionieri politici non saranno stati liberati.
Attenzione però in particolare al discorso che ha fatto in Paraguay, nella cattedrale di Asunción: “Le ideologie finiscono male, non tengono conto del popolo. Pensate a quanto è successo con le ideologie del secolo passato, sono sempre finite in dittature”. Può sembrare un discorso di tipo popperiano, di difesa della società aperta liberale contro i suoi nemici. Ma se si assimila anche il capitalismo liberale a una sorta di dittatura, come spesso il populismo latino-americano fa, allora il messaggio può essere letto anche in chiave peronista: no a tutti i pensieri politici organici, in nome di un generico pragmatismo basato sulla figura del leader e sul suo rapporto diretto col popolo.
[**Video_box_2**]In molti ritengono che provenendo da un gesuita certe ambiguità sono probabilmente volute. Sembra significativo anche il nuovo incontro con Cristina Kirchner, che in piena campagna elettorale è andata ad ascoltarlo in Paraguay, e gli ha portato in regalo una raccolta di ritagli giornalistici sulle orazioni di Pio XII per Evita Perón. Già nemica del cardinale Bergoglio per il forte impegno del suo governo in materia di aborto e matrimoni gay, la presidentessa argentina ha però deciso che di fronte a Papa Francesco doveva inginocchiarsi, ed è stata così reintegrata nelle sue simpatie. L’impressione che Francesco stia mettendo il suo cappello sulla nuova sinistra populista per dividerla da quella laicista sembra d’altronde confermata dal particolare che pure in Spagna, mentre Izquierda Unida ha boicottato la visita di Francesco al Parlamento europeo, Podemos lo ha invece applaudito. Appunto, mentre i comunisti spagnoli si considerano eredi di quell’anticlericalismo repubblicano da cui viene anche Zapatero, Iglesias è sodale di Correa e Morales. Per non parlare, in Italia, di Nichi Vendola, secondo cui anche il referendum greco poteva essere letto come una vittoria di Papa Francesco sull’asse Renzi-Merkel.