Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, parla con i giornalisti dal balcone dell'hotel di Vienna dove sono in corso i negoziati sul nucleare (foto LaPresse)

Schiaffo nucleare a Israele

Giulio Meotti
Finora le buone maniere dell’occidente con l’Iran si sono dimostrate soltanto un invito a completare il suo piano nucleare, a diventare più aggressivo, a chiedere sempre di più. Non c’è da spettarsi qualcosa di diverso da questo “storico deal” che l’America ha firmato a Vienna con i mullah iraniani.

Finora le buone maniere dell’occidente con l’Iran si sono dimostrate soltanto un invito a completare il suo piano nucleare, a diventare più aggressivo, a chiedere sempre di più. Non c’è da spettarsi qualcosa di diverso da questo “storico deal” che l’America ha firmato a Vienna con i mullah iraniani. Specie considerando che questo accordo di 500 pagine prevede delle ridicole visite degli ispettori ai siti nucleari di Teheran, ma sotto sua previa e arrendevole autorizzazione.

 

L’Iran sta già dunque marciando spedito oltre la nostra povera immaginazione verso la costruzione del suo ordigno nucleare. Quello che non conosciamo è l’ora X. “L’Iran sta per ricevere un percorso sicuro verso le armi nucleari”, aveva detto poche ore prima delle firma il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “L’Iran avrà un jackpot, una miniera d'oro in contanti di centinaia di miliardi di dollari, che le consentirà di continuare a perseguire la sua aggressività e il terrore nella regione e nel mondo. Si tratta di un grave errore di proporzioni storiche”.

 

Israele si è già detta svincolata da questo pezzo di carta siglato a Vienna e adesso proverà a fare pressioni sul Congresso degli Stati Uniti per modificare o affossare l’accordo. Per gli analisti israeliani, il deal firmato contiene tutto e il contrario di tutto. L’ayatollah Ali Khamenei è il teorico della “nuclearizzazione clandestina”, sotto traccia, senza fanfare, lestamente, a colpi di finte fatwe.

 

Intanto Teheran da oggi è un “threshold state”, ovvero uno stato con materiale e know how sufficiente a consentirgli di avere in tempi brevissimi la bomba nel momento in cui decidesse di dotarsene. Gerusalemme ha già detto che non si fida né dell’Onu né delle agenzie di intelligence occidentali e americane per dare l’allarme in tempo reale sulla eventuale bomba che l’Iran riuscirà ad assemblare. E di esempi storici ne ha da vendere: il test nucleare sovietico nel 1949, la Cina negli anni Sessanta, l’India negli anni Settanta e il Pakistan negli anni Ottanta.

 

Israele non può permettersi che il popolo ebraico viva ancora sotto la minaccia di un nuovo Olocausto in fieri. Alcuni giorni fa, l’ayatollah Hashemi Rafsanjani, il “pragmatico” e furbo affarista, ha detto che “un giorno Israele scomparirà”, che lo stato ebraico è una entità “temporanea”.

 

[**Video_box_2**]E’ su Israele che l’accordo getta l’ombra più sinistra. E sarebbe certamente un diritto vitale d’Israele alzare in volo i caccia e fermare questa diabolica impresa tecnologico-politica della Rivoluzione Islamica. Per questo lo strike militare d’Israele può partire in qualsiasi istante, con o senza “pistola fumante”, se Gerusalemme si sentisse all’angolo e minacciata. Da oggi, dopo Vienna, l’Iran è seduta su un gigantesco tappeto di uranio, plutonio e antisemitismo di stato. E questo non è tollerabile.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.