Così la crisi della Nokia fa vincere i populisti
A Salo, cittadina del sud della Finlandia, la Nokia valeva come e più della Fiat a Torino. Delle circa cinquantamila anime che vivevano in città dieci anni fa, circa un decimo, cinquemila persone, lavorava nel centro di sviluppo del prodotto che la Nokia aveva installato in città negli anni Settanta, una delle sue prime grandi fabbriche. Ancora nel 2008, circa un quinto della popolazione lavorava nell’indotto dell’information technology. Poi per Nokia è iniziata la crisi, e con la crisi i licenziamenti.
Racconta Anna Ercanbrack in un reportage pubblicato su Reuters che quando nel 2013 il gigante tecnologico Microsoft ha comprato la divisione telefonica della Nokia (la parte principale del business dell’azienda), gli abitanti di Salo hanno sperato che la crisi stesse per finire. Ma Microsoft, come Nokia in precedenza, non è riuscita a rompere il monopolio di Apple e delle compagnie asiatiche sul business degli smartphone, e le sue quote di mercato si sono ridotte di anno in anno fino ad arrivare a percentuali infime. La settimana scorsa le speranze degli abitanti di Salo si sono infrante quando Microsoft ha annunciato la chiusura del grande stabilimento. In città il tasso di disoccupazione, dopo la chiusura di un’altra fabbrica Nokia nel 2012, è al 15 per cento, molto più della media nazionale del 9,7, ma dopo la chiusura del centro di sviluppo annunciata questa settimana il numero dei disoccupati potrebbe arrivare al 20 per cento, e questo – una cittadina produttiva, con un know-how notevole e uno stile di vita prospero, gettata nella disoccupazione e nella paura per il futuro – è il perfetto terreno di coltura per partiti populisti come quello dei Veri finlandesi, formazione nazionalista, euroscettica e anti immigrati che non a caso alle elezioni generali di aprile ha ottenuto il 17,7 per cento dei consensi, e oggi è partner di coalizione nel governo conservatore del premier Juha Sipilä.
[**Video_box_2**]Nel 2015 la Finlandia è entrata nel suo quarto anno di recessione, e tra le tante ragioni delle difficoltà economiche (il crollo del mercato della carta, le sanzioni internazionali contro un partner commerciale fondamentale come la Russia, l’invecchiamento della popolazione) la crisi di un gigante come Nokia ha una parte fondamentale. Dopo anni di tagli fenomenali, ed escludendo lo stabilimento di Salo ormai in chiusura, Microsoft ha lasciato aperti in Finlandia solo due centri ex Nokia, a Espoo e a Tampere, dove sono impiegate appena 3.200 persone, che nei prossimi mesi dovrebbero ridursi a 900. Per un’azienda, la Nokia, che oltre che motore del boom economico finlandese era anche fonte di orgoglio nazionale, è un’umiliazione difficile da digerire. Lo sa bene anche il premier Sipilä, lui stesso ex ingegnere e manager nel campo delle telecomunicazioni, che ha annunciato misure di sostegno alla città di Salo. Il governo ha avviato una serie di misure di profonda austerità che, a detta di Helsinki, dovrebbe riportare l’economia in crescita entro quest’anno. Negli anni della crisi il partito dei Veri finlandesi ha ottenuto i suoi migliori successi, Sipilä sa che la crescita è l’arma migliore per respingere il populismo.