La caccia ai fantasmi di Calais
Anche la Francia ha la sua Ventimiglia, è l’Eurotunnel che collega Calais alla Gran Bretagna, dove si affastellano le speranze esasperate di migliaia di migranti respinti, inseguiti, scacciati e, nel caso di un sudanese, anche morti ammazzati per incidenti involontari (schiacciato da un Tir). Non è una nemesi che colpisce Parigi per il suo tentativo di impermeabilizzare le proprie frontiere meridionali, quelle che confinano con l’Italia e sulle quali premono le onde della disperazione subsahariana provenienti dai porti del grande Maghreb (sopra tutto Libia). Ma non si può nemmeno definirla, questa disordinata rincorsa di migranti in cerca di un futuro in Gran Bretagna, come la ragione legittima della svolta isolazionista francese, con il governo che ora manda l’esercito a caccia di fantasmi africani. E’ semplicemente un fatto, grave e durevole, che oggi si manifesta con intensità moltiplicata rispetto al passato.
Come a Patrasso in Grecia (est), come a Lampedusa e nel resto del meridione euro-italiano, come a Ceuta (ovest), nella Spagna affacciata in Marocco. Dall’altra parte della Manica, David Cameron riunisce i suoi ministri, osserva con attenzione corrucciata quel che avviene oltre il mare, dice che farà “tutto il possibile per migliorare la situazione”. E cioè? Qualcosa di spaventevole sta bussando alle porte dell’Europa, alle quattro porte mal serrate disposte lungo i punti cardinali di un continente che non sa accogliere la moltitudine in fuga dall’orrore africano, o forse non può, ma al tempo stesso non ha la forza di una voce sola per ammetterlo. Figuriamoci se sia in grado di rimuoverne le cause ultime (terrorismo islamico, dittature mascherate, povertà endemica), sporcandosi inevitabilmente le mani di sangue, il proprio sangue.