Argomenti per una misurata tensione misogina (Donald Trump a parte)
Donald Trump è un noto tamarro, e se gli americani dovessero eleggere quel riporto ambulante presidente o anche solo candidato repubblicano mi strapperei i capelli. Ciò non toglie che il parlare delle donne, il parlare con le donne, il parlare contro le donne sia una questione di stretta e pertinente attualità e problematicità, non uno scandalo, la violazione intollerabile di un tabù. Molti si esercitano, sopra tutto maschi, nell’arte della blandizie sociale e ideologica verso il genere femminile, e trattano la faccenda come se si dovesse estendere semplicemente alle donne la giusta misura di rispetto dovuta alle minoranze razziali o sessuali o diversamente abili o quanto altro vogliate di eccentrico rispetto a presunte normatività. Ma le donne non sono una minoranza, sono la maggioranza e sono il nostro destino, inteso poeticamente e naturalisticamente come origine, nostalgia, amore, compagnonnage e principio del piacere. Sono anche salotto, chiacchiera, cultura, potere, sono il rimosso e l’esplicito, il solare e l’opaco della condizione umana. Massaie o cortigiane, manager o persone pubbliche a diverso titolo, soggetti e oggetti (come tutti) della vita moderna, impiegate e passanti, operaie e ragazze e madri di famiglia, le donne meritano l’affilatura degli argomenti, la galanteria fresca e non untuosa, e possono sopportare senza paura l’urto del desiderio e la vena sottile della misoginia maschile, una certa diffidente distanza, oltre che numerosi altri rischi del vivere e dell’essere. La protezione loro dovuta per tradizione e istinto biologico non deve mai sovrabbondare, eccedere nel vizio del patrocinio o addirittura di un mal dissimulato lenocinio.
Diritti classici e giudicanti possono senza danno essere rivendicati, basta che non siano self-righteous o violenti, volgari, e che siano perfettamente reversibili a carico di chi se ne avvale. Che quella lì sia “una stronza perfetta” è cosa che non può essere espulsa dal linguaggio: di stronze perfette, in un senso specificamente femminile, ne conosciamo tutti e tutte a bizzeffe. Che una particolare petulanza si sia combinata con gli effetti mirabili della presa di parola femminile, è fatto accertato e verificabile in ogni situazione sociale, dalla famiglia alla spiaggia. I maschi moltiplicano da anni le loro sciocchezze, i loro misfatti di stile e di condotta personale, ma le femmine hanno acquisito uno spazio reale e mentale inaudito e non possono essere risparmiate, perché noblesse oblige, da uno scrutinio severo e se necessario ridanciano e sarcastico.
[**Video_box_2**]Posto che a scriverlo sia un sentimentale senza complessi, un maschio galante e decoroso, un bel saggio sulla misoginia, sulle sue sfumature di verità, sarebbe il benvenuto, magari al posto di tanti raccontini minimalisti sull’amicizia tra i generi. E’ bello che le donne, perdonate, ci perdonino. Ma è imperdonabile che godano di un trattamento superstizioso, che la loro malizia sia sempre celebrata e mai discussa come farina del sacco del diavolo. Il chisciottismo è letteralmente e letterariamente meraviglioso. Le più belle avventure sono quelle dei cavalieri erranti capaci di dedicare tutto alla loro donna, che tutto rende possibile nella strategia di salvezza il cui prototipo è Maria Vergine. Ma Dulcinea del Toboso è una stupenda creatura di fantasia e di pazzia, c’è sempre bisogno di noi Sancho Panza, scudieri odorosi di pane formaggio e cipolle e molto vino, pronti a ricordare che il suo vero nome è quello di una battona qualunque, Aldonza Lorenzo. La grandezza immortale del genere femminile, il genere della generazione, non è altro che questa tensione, nella quale entra anche una discreta norma di misoginia, tra il reale e l’ideale. Spegnere quell’energia è un crimine contro l’umanità e una deprimente resa a un’idea marginale e sociologica della donna.