La destra frammentata ha un idolo da abbattere, Bill de Blasio
New York. Diciassette candidati sono tanti, troppi per un partito che s’affanna per non sembrare frammentato, un agglomerato di battitori liberi più che un plotone disposto a testuggine. Nemmeno lo scandalo permanente delle email di Hillary Clinton è un fattore di coesione abbastanza forte in questa campagna repubblicana a singhiozzo, drogata dalle iperboli di Donald Trump, dai sondaggi che lo danno sempre più in testa e dalle dichiarazioni che lo danno sempre più fuori di testa. I repubblicani hanno bisogno di altri idoli polemici, altri totem da abbattere per spiegare in modo persuasivo all’elettorato i rischi di un’altra presidenza democratica. Jeb Bush, il front runner dei candidati presentabili, ha scelto come target di riferimento il sindaco di New York, Bill de Blasio. Qualche giorno fa, a un forum sull’educazione in New Hampshire, Jeb ha preso a scudisciate la proposta di riforma con cui de Blasio vuole espandere il sistema di asili pubblici, a discapito dell’iniziativa privata e degli istituti a gestione mista.
In campagna elettorale il sindaco aveva scommesso molto su questo punto, arrivando a proporre nuove tasse per i più ricchi per finanziare il progetto. “Il sistema de Blasio porterà all’assunzione di altri insegnanti sindacalizzati, rendendo il settore un’ottima opportunità per l’espansione della burocrazia e dei sindacati”, ha detto Bush, che quando era governatore della Florida ha fatto riforme scolastiche di segno opposto. Nel filone critico s’è tuffato nei giorni scorsi anche un altro candidato repubblicano, Chris Christie. Lo ha chiamato il sindaco “pazzo” di New York, l’uomo che “sta cercando di cancellare vent’anni di progressi nell’ambito educativo soltanto perché è legato a doppio filo ai sindacati”. Basta passare un po’ di tempo in città, dice il governatore del confinante New Jersey, “per vedere il declino della qualità della vita”. Tutti i candidati repubblicani per un motivo o per l’altro hanno attaccato de Blasio senza esclusione di colpi. Mike Huckabee lo rimprovera per “l’aumento delle sparatorie del 20 per cento” da quando è in carica, Bobby Jindal ha scritto un editoriale sul New York Post per denunciare il trattamento delle charter school, l’ex governatore George Pataki attacca un sindaco “non particolarmente intelligente” che non riesce nemmeno ad andare d’accordo con il dirimpettaio democratico di Albany, Andrew Cuomo. A Rick Santorum tocca la sintesi: “De Blasio ha distrutto il tessuto di New York”.
[**Video_box_2**]La questione non è squisitamente personale. Il primo cittadino della più importante metropoli americana è stato preso come simbolo di una logica e di uno stile di governo ispirati alla parte più radicale della sinistra, è l’incarnazione del successo della “new new left” che ha generato la populista Elizabeth Warren e ora dà carburante a Bernie Sanders, il senatore del Vermont che non ha speranze contro la corazzata di Hillary, ma intanto raduna folle enormi e ideologicamente motivate. Se Hillary è costretta a giocare in difesa, la sinistra più rumorosa, con ascendenti dalle parti di Occupy Wall Street, è perennemente all’attacco. De Blasio è l’unico della corrente radicale ad avere conquistato un potere perimetrabile e misurabile, ed è appena naturale che la destra usi l’involuzione di New York come modello in scala di quello che potrebbe succedere con un altro presidente democratico. Hillary al confronto è un emblema della moderazione liberal, ma non va dimenticato – e i repubblicani lo ricordano in ogni occasione – che de Blasio è stato consacrato politicamente proprio grazie all’affiliazione con la tentacolare famiglia Clinton. Ora si è spostato decisamente a sinistra, finendo in rotta di collisione con l’establishment del partito, e da tempo sta conducendo una campagna a livello nazionale per esportare la sua piattaforma di governo in altre metropoli. Quello che serviva ai repubblicani in cerca di un idolo polemico.
I conservatori inglesi