Israele e l'Italia finanziano i curdi comprando il loro greggio
Roma. Il Financial Times scrive che negli ultimi mesi Israele ha importato tre quarti del suo fabbisogno di petrolio dal Kurdistan iracheno, la regione semiautonoma nel nord del paese, e questo commercio molto discreto fornisce un finanziamento prezioso ai curdi che sono impegnati nella guerra contro lo Stato islamico. La compravendita, nota il giornale finanziario, è anche un segno di decisionismo da parte curda e di relazioni in peggioramento tra Erbil, capitale del Kurdistan, e Baghdad. Il fatto che i curdi abbiano contratti petroliferi negoziati in autonomia è da tempo motivo di tensione e l’anno scorso era arrivato un accordo che avrebbe dovuto risolvere il contenzioso. Il governo federale teme inoltre che la regione stia puntando alla piena indipendenza dall’Iraq.
Il commercio del petrolio del Kurdistan avviene grazie a contratti segreti e pre-pagati (questo dettaglio è importante, come si leggerà più avanti) mediati da alcune delle compagnie più grandi del mondo in questo settore, incluse Vitol e Trafigura. Tra i grandi acquirenti ci sono anche l’Italia, la Francia e la Grecia.
I dati: tra l’inizio di maggio e l’11 agosto, Israele ha importato più di diciannove milioni di barili di greggio curdo, che valgono circa un miliardo di dollari secondo l’andamento dei prezzi di quel periodo. Il Financial Times spiega che queste informazioni sono state ricavate dalle bolle di trasporto, da fonti del settore e dai dati dei satelliti che seguono lo spostamento del petrolio. Quella quantità di greggio equivale al 77 per cento della domanda media da parte di Israele, che corrisponde a 240 mila barili al giorno. Più di un terzo di tutte le esportazioni di petrolio dal nord dell’Iraq, fatte passare per il porto turco di Ceyhan, sono andate a Israele durante il periodo di osservazione. Fonti del settore dicono al Financial Times che Israele potrebbe avere anche immagazzinato oppure rivenduto all’estero una parte del petrolio. Alcuni analisti suggeriscono che il Kurdistan sta applicando uno sconto agli israeliani sul prezzo del petrolio, ma funzionari del governo regionale smentiscono. I curdi del nord dell’Iraq sono alleati con Israele da decenni – come numerosi video estremisti dello Stato islamico non mancano di rimarcare. Gerusalemme sostiene pubblicamente la lotta per l’indipendenza del Kurdistan dall’Iraq, i curdi tengono un basso profilo per non creare frizioni con i vicini. Il governo di Baghdad non riconosce Israele e ha relazioni strette con l’Iran, un nemico dichiarato.
[**Video_box_2**]L’acquisto di petrolio da parte di nuovi compratori è arrivato al momento giusto, perché il crollo del prezzo del petrolio ha aggravato la crisi fra Baghdad ed Erbil. In teoria c’è un accordo (benedetto dall’Amministrazione americana) che dice: curdi e governo centrale iracheno esportano assieme il greggio estratto in Kurdistan e i curdi in cambio ricevono una parte del budget nazionale. Ma Baghdad è indietro con i pagamenti perché sostiene che i curdi stanno mandando poco petrolio e questo ritardo ha aperto dei vuoti nelle casse di Erbil – proprio mentre i curdi stanno combattendo e si sono presi sulle spalle l’incarico di fare da barriera di sicurezza contro lo Stato islamico (e nel farlo dimostrano sul campo più efficienza dell’esercito regolare iracheno). I cosiddetti contratti pre-pay negoziati da Vitol e Trafigura sono per loro natura pagati per intero in anticipo rispetto alla consegna del greggio e questo ha permesso al governo federale curdo di coprire gli ammanchi nel budget. Entrambe le compagnie coinvolte rifiutano di commentare la notizia.
Un secondo grande compratore è l’Italia. Secondo i calcoli del Financial Times le raffinerie italiane da maggio hanno acquistato il 17 per cento del greggio esportato dal nord dell’Iraq, circa 450 mila barili al giorno. Una parte del petrolio passa attraverso Cipro, dove è trasferito da nave a nave, che è una tattica spesso usata per mascherare la provenienza del petrolio.