Barack Obama e Papa Francesco durante l'ultima visita del presidente americano a Roma, l'anno scorso (foto LaPresse)

La macchina dello spin obamiano per fare del Papa una caricatura progressista

L’Amministrazione fa già trapelare messaggi per trasformare preventivamente la visita di Francesco alla Casa Bianca in un abbraccio senza attriti, dove la dottrina sociale della chiesa e l’ideologia progressista fraternamente valorizzano i punti in comune

New York. La macchina dello spin obamiano sulla visita del Papa è in moto. Francesco andrà alla Casa Bianca fra meno di un mese, e l’Amministrazione fa già trapelare messaggi per trasformare preventivamente l’occasione in un abbraccio senza attriti, dove la dottrina sociale della chiesa e l’ideologia progressista fraternamente valorizzano i punti in comune, seppellendo le differenze. Obama ha una nota e interessata predilezione per il Francesco dei poveri, del riscaldamento globale, delle critiche al liberismo selvaggio e del dialogo diplomatico con l’Iran e Cuba, e per bocca del cattolico adulto Joe Biden ha detto che il Papa “è un timone morale nel mondo su alcune delle questioni più importanti del nostro tempo, dalle diseguaglianze ai cambiamenti climatici”. La selezione degli esempi  non è casuale. Un comunicato della Casa Bianca insiste sulla stessa linea, diramando una traccia dei temi di dialogo ad alta priorità: “Opportunità economiche, immigrazione e rifugiati, protezione delle minoranze religiose”. L’espressione “minoranze religiose” è singolare: la priorità nell’agenda dei vescovi americani è piuttosto la difesa della libertà religiosa, laddove la possibilità della chiesa di essere fedele ai suoi princìpi è messa in discussione da leggi e sentenze che rinchiudono la libertà nelle sagrestie, bollando come discriminatorio ogni tentativo di esprimere il proprio credo nella realtà sociale.

 

Forse la Casa Bianca include anche i cattolici fra le minoranze religiose, idea che dal punto di vista statistico fa acqua ma esprime una verità culturale: la libertà religiosa piace a Obama quando gli yazidi vengono assediati dallo Stato islamico, non quando un pasticciere cristiano del Colorado si rifiuta di preparare la torta nuziale per una coppia gay. Più probabilmente è soltanto la solita operazione di marketing. Obama ci aveva provato anche lo scorso anno, quando era arrivato in Vaticano introdotto da un’intervista al Corriere in cui nominava Francesco gran cavaliere contro le diseguaglianze economiche. La Santa Sede aveva raffreddato gli entusiasmi dopo l’incontro, dicendo che avevano parlato di “esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza” e in seconda battuta della “riforma migratoria” e dello “sradicamento della tratta degli esseri umani nel mondo”. Niente poveri, niente diseguaglianze. Le critiche al capitalismo e le indicazioni sui cambiamenti climatici contenute nella  “Laudato Si’” offrono a Obama nuovi ami per arpionare la stola di un leader molto più popolare di lui.

 

[**Video_box_2**]Ma il Papa sarà in America anche – e soprattutto – per  l’incontro mondiale delle famiglie, preludio al sinodo sullo stesso tema, e lì il terreno per la Casa Bianca si fa più sdrucciolevole. Dopo la sentenza della Corte suprema che ha decretato la protezione costituzionale delle coppie gay, i vescovi americani hanno parlato di un “tragico errore”. “E’ profondamente immorale e ingiusto per uno stato – ha commentato la conferenza episcopale – dichiarare che due persone dello stesso sesso possono unirsi in matrimonio”. Infine, la polemica sull’uso di organi e tessuti di feti da parte dell’associazione Planned Parenthood non può non riaprire il tema dell’aborto, questione che Obama vorrebbe evitare di discutere. Non vorrebbe mai sentirsi dire dal “timone morale” vestito di bianco che le ragioni per cui difende i poveri sono le stesse per cui difende gli ultimi fra gli ultimi, i bambini mai nati.