Perché i russi in Siria
Roma. Da quattro giorni l’escalation militare russa in Siria è stata promossa dal livello “rumor non verificato” al livello “fatto assodato”, perché due giornali americani (il Los Angeles Times e il New York Times) hanno pubblicato le conferme da parte di fonti dell’intelligence americana e hanno detto che la Casa Bianca ne è al corrente, è preoccupata e sta monitorando la situazione. Le immagini dei satelliti mostrano che i russi stanno costruendo una base per circa mille soldati vicino all’aeroporto di Latakia, sulla costa della Siria, quindi nel cuore del territorio fedele al presidente Bashar el Assad. Hanno anche fatto arrivare una torre di controllo portatile destinata a un’altra base e hanno domandato a Turchia e Grecia un permesso di sorvolo per aerei con carichi militari – la richiesta ha anche una scadenza, fissata per il 24 settembre. Secondo Reuters, il governo americano ha chiesto alla Grecia di negare il transito ai russi, ma Atene ha rifiutato. I siti che controllano il traffico aereo hanno già notato un va e vieni inusuale di aerei cargo russi a Damasco e i voli sono ormai noti con la loro sigla radar: “Manny 6”.
Questa notizia della costruzione della base si aggiunge ad altre informazioni a proposito della presenza di militari russi in Siria, che sono arrivate da poco sui media in ordine sparso: lo sbarco di blindati BTR-82 nuovi di fabbrica, con equipaggi che parlano in russo; foto satellitari che mostrano le trincee scavate sul fronte di Latakia secondo uno schema tipico dei russi, indizio della presenza di consiglieri militari arrivati da Mosca; i bastimenti carichi di materiale bellico che passano lo stretto del Bosforo e poi proseguono verso la costa di Latakia e Tartous (anche ieri: la nave Saratov). Ci sono anche le foto private che i soldati russi in Siria mettono sui social media e che finiscono presto per circolare all’esterno. Il fatto che non sia loro esplicitamente vietato di fare quelle foto suggerisce che Mosca intende fare arrivare un messaggio ai siriani e al mondo: siamo qui, aumentiamo la nostra presenza militare.
Dal punto di vista russo ci sono ragioni solide per lquesto intervento in Siria. Una importante è che devono rassicurare il governo alleato a Damasco, dopo una serie di sconfitte cocenti subite dai gruppi armati – una serie che è cominciata a marzo con la perdita del capoluogo Idlib (dove non c’è lo Stato islamico), dopo una battaglia durata soltanto cinque giorni. A partire da Idlib, un esercito siriano demoralizzato è stato costretto a ritirarsi per cinque mesi di villaggio in villaggio fino alla fascia di monti che proteggono la costa e Latakia. Su internet circolano poster sarcastici a proposito della “maratona assadista” verso il mare.
Lo scopo della presenza russa è fermare questa ritirata. Mosca sa come si interviene a fianco degli alleati per annientare un’offensiva nemica – come ha fatto per esempio in Ucraina nel luglio 2014 quando ha azzerato la cosiddetta “operazione antiterrorismo” ordinata da Kiev per riprendere le città separatiste di Donetsk e Lugansk.
La presenza russa per rassicurare Assad arriva al momento giusto. I disertori aumentano, chi può evita la leva obbligatoria e scappa all’estero (un altro motivo di fuga, poco raccontato), la minoranza drusa nel sud domenica s’è ribellata e ha ucciso sei ufficiali dell’intelligence siriana.
A fine luglio il generale iraniano Qassem Suleimani, architetto della controinsurrezione in Siria, è volato a Mosca (anche se in teoria è sotto sanzioni). Il 13 agosto i russi si sono incontrati con i sauditi per trovare un compromesso diplomatico: Riad vuole prima l’allontanamento di Assad e dopo si cercherà una soluzione; Mosca vuole che Assad intanto resti. Il risultato è che non c’è stato alcun accordo e durante la conferenza stampa il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha mormorato “Idioti!” mentre parlava il suo omologo saudita. Un mese dopo, ecco l’escalation militare per garantire con i fatti l’appoggio politico di Teheran e Mosca – mai venuto meno.
[**Video_box_2**]Le operazioni militari russe in Siria potrebbero essere spurie, nel senso che potrebbero non avere lo Stato islamico come primo obiettivo – come del resto è successo con i turchi, che da quando hanno dichiarato guerra hanno bombardato molto di più il Pkk curdo. Rassicurare Assad, impedire che turchi e americani osino ipotizzare di nuovo una no-fly zone al nord, come nei mesi scorsi, e colpire anche i gruppi islamisti diversi dallo Stato islamico, come il Jaysh al Fath (che sta con al Qaida e annuncia: “Uccideremo i porci di Mosca come in Cecenia”). Resta da vedere come i russi si coordineranno con tutte le aviazioni militari che s’incrociano nel cielo della Siria. Cosa faranno se i jet di Israele bombarderanno una base siriana, come è già accaduto una dozzina di volte?
Cose dai nostri schermi