Bello, ciao! La fortuna politica e la sinistra italiana abbandonano Tsipras

Luciano Capone
Nessuna Brigata Kalimera salperà per appoggiare l'ex premier greco

Milano. Manca poco più di una settimana alle elezioni politiche in Grecia, quelle che stabiliranno se allo Tsipras anti Troika delle elezioni di gennaio succederà lo Tsipras proausterity delle ultime settimane oppure un qualsiasi altro governo sempre proausterity. Dopo la firma da parte del governo di Alexis Tsipras del terzo memorandum e del relativo piano di salvataggio da 86 miliardi di euro, la politica greca ha il pilota automatico con rotta e tappe stabilite a Bruxelles e non suscita più l’attenzione dei media e della politica come nei mesi scorsi. La campagna elettorale ad Atene va avanti piuttosto noiosamente, senza gli slanci utopistici né le promesse rivoluzionarie a cui i greci erano abituati. E per le strade, a giudicare dalla cartellonistica scarsa, è come se le elezioni non fossero incombenti. La Grecia non è stata neppure svegliata dal confronto televisivo tra tutti i leader delle forze politiche che si candidano al governo del paese (neonazisti di Alba dorata esclusi), il primo dal 2009, quando cioè in Grecia tutto andava tranquillamente.

 

Il dibattito è stato floscio, nessuno è emerso come vincitore, ma quello apparso più in difficoltà è stato proprio Tsipras, che è stato meno brillante del solito e molto sulla difensiva. Il leader di Syriza ha ammesso errori ed esagerazioni (scaricando le responsabilità anche sull’ex amico-ministro Yanis Varoufakis), ha cercato di riconciliare la discrepanza tra promesse e realizzazioni con frasi ad effetto del tipo “Non ci siamo arresi” e “abbiamo raggiunto un compromesso ma non ci siamo compromessi”. L’ironia del destino ha voluto che Tsipras accusasse i suoi critici di “populismo”, che il suo principale concorrente, Vangelis Meimarakis del centrodestra, dicesse che “noi di Nuova Democrazia siamo stati più onesti e non abbiamo fatto promesse che non avremmo potuto mantenere” e infine che il suo ex ministro Panagiotis Lafazanis, capo della scissione a sinistra che ha fatto cadere il governo, dicesse che Tsipras dopo avere ripetutamente detto di non volere mai e poi mai votare un nuovo bailout ora accusa i fuoriusciti di essere stati fedeli a quella sua promessa e al programma di Syriza.

 

Intanto i sondaggi dicono che Tsipras sta perdendo la scommessa di andare a elezioni anticipate, prima dell’approvazione delle misure più dure, per liberarsi della sinistra anti-euro e ottenere una maggioranza assoluta. Secondo le ultime rilevazioni Syriza e Nuova democrazia sono testa a testa, attorno al 25 per cento. Chi delle due forze prenderà più voti otterrà il premio di maggioranza da 50 seggi, ma nessuna riuscirà a raggiungere i 151 seggi necessari a governare. Il riavvicinamento tra le due forze è dovuto alla perdita di consensi di Tsipras più che alla popolarità del grigio Meimarakis, ma in ogni caso si andrà verso una grande coalizione. Tsipras non esclude più l’ipotesi di una grande coalizione con gli ex nemici del Pasok e di Potami (con cui aveva giurato di non voler mai governare) e addirittura se a vincere sarà Nd si ritornerà dopo pochi mesi all’Ancien regime (anche se è improbabile che Meimarakis lasci a Syriza l’opportunità di fare opposizione al memorandum firmato da Tsipras). Insomma, dopo il disastro nella gestione delle trattative e il tracollo economico, per Tsipras rischia di arrivare anche la batosta elettorale.

 

[**Video_box_2**]Sembra passato un secolo, ma è trascorso solo un anno dal 15 settembre 2014, quando Tsipras presentò il “Programma di Salonicco”, la piattaforma con cui Syriza si presentava per governare la Grecia. C’era di tutto e di più: cancellazione di gran parte del debito e moratoria sul resto, “New deal europeo” di investimenti, restituzione da parte della Germania dei soldi sequestrati dai nazisti, cancellazione del vecchio memorandum, aumento della spesa pubblica, aumento degli stipendi e controriforma delle pensioni. “Questa è la differenza tra di noi e questo è, alla fine, il dilemma – diceva solennemente il manifesto di Salonicco – Negoziazione europea di un governo di Syriza, o accettazione dei termini dei creditori sulla Grecia da parte del governo Samaras. Negoziazione o non-negoziazione. Crescita o austerità”. Si sa poi com’è andata a finire: la flebile crescita è stata bruciata subito dal duo Tsipras-Varoufakis con una trattativa folle e l’austerità è arrivata dopo, più dura di prima, con la capitolazione dopo la vittoria di Pirro del referendum.

 

Per la sinistra greca l’impatto con la realtà è stato duro ed è stato altrettanto difficile per le brigate internazionali che hanno supportato la battaglia contro l’austerity cantando “Bella ciao” in piazza Syntagma. A questo giro non partiranno per la Grecia né Grillo, né Fassina, né Civati, né i media progressisti. Nessuna Brigata Kalimera salperà per appoggiare Tsipras. Bello, ciao!

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali