Quell'"astro morto" del Partito socialista francese teme il ritorno di Strauss-Kahn
Parigi. L’incontro si è tenuto il 7 settembre scorso in un caffè discreto del comune di Kremlin-Bicêtre, a sud di Parigi. Dominique Strauss-Kahn, ex direttore generale del Fondo monetario internazionale e candidato più quotato tra i socialisti per le presidenziali del 2012 prima dell’affaire del Sofitel di New York, dove una cameriera lo accusò di violenza sessuale, ha accettato l’invito di quindici blogger, con i quali si è intrattenuto per più di due ore per discutere informalmente di attualità. Niente tweet, niente foto, aveva ordinato Dsk. E così è stato. Ma non poteva certo pretendere che alcuni suoi giudizi sparsi qua e là nel flusso delle sue analisi politiche ed economiche potessero restare in quel caffè. France Info ha rotto ieri sera il silenzio che ha avvolto per una settimana questo meeting a porte chiuse, riportando le stilettate che Strauss-Kahn ha riservato ai suoi ex compagni di partito, al governo e alle sue manovre, e soprattutto a quel François Hollande che solo grazie alla sua caduta ha potuto prendersi l’Eliseo.
“Questo governo naviga a vista (…). Non ha una visione”, ha accusato Dsk senza indulgenza, mettendosi sulla scia dei molti, anche in seno al Ps, che imputano a Hollande l’incapacità di dare un senso di marcia alla sua traiettoria presidenziale, di pensare in grande, di essere lungimirante. Con la Merkel, ha detto Dsk, Hollande forma una “coppia debole” e nemmeno il giovane ministro dell’Economia, Emmanuel Macron, il solo ad avere le idee veramente chiare nell’esecutivo socialista e a far di tutto per rilanciare la competitività in Francia, non entusiasma colui che guidò Bercy sotto Lionel Jospin: “E’ “simpatico, ma maldestro”, dice Strauss-Kahn, in riferimento alle sue uscite provocatorie e spesso in distonia con quanto viene professato dall’Eliseo. Le 35 ore, che Macron cancellerebbe, se potesse, con un tratto di penna, sono un “falso problema”, dice Dsk. Ma i problemi sono anche in altri ministeri. Come quello dell’Ecologia, guidato da Ségolène Royal, che Strauss-Kahn, noto difensore del nucleare, giudica troppo “approssimativa” e quindi inadatta per l’importanza del ministero che le è stato conferito.
La sovraesposizione mediatica della vita politica ha reso le azioni difficili, ammette l’ex direttore generale del Fmi, ma ciò non può essere una giustificazione per spiegare lo stato di impasse in cui si trova il Partito socialista francese. “È un astro morto”, ha detto Dsk a proposito del partito in cui è cresciuto politicamente. C’è quindi qualche possibilità di vederlo tornare nell’agone politico per rivitalizzare una gauche, quella francese, ormai moribonda? “Non tornerò mai più”, assicura. Ma subito dopo, tra il serio e il faceto, e un po’ spaccone, aggiunge: “A meno che non ci siano un milione di manifestanti di fronte a casa mia”. Dopo il misterioso tweet del 21 giugno scorso, “Jack is Back”, che aveva scatenato le più svariate speculazioni sul suo ritorno in politica (quando invece era soltanto un clin d’oeil a Jack Bauer, eroe della serie televisiva americana “24”, nonché una trovata per garantirsi una sbornia di follower), anche in ragione dell’assoluzione dal reato di sfruttamento aggravato della prostituzione nell’ambito dell’affaire Carlton, Dsk torna a lanciare segnali e non chiude definitivamente la porta a quanti sperano ancora di vederlo candidato per le presidenziali del 2017.
[**Video_box_2**]“Les élécteurs demandent la suite”, titolava Libération lo scorso luglio. E la suite non era quella del Sofitel, o del Carlton, dove si è consumata la fine (provvisoria) della sua carriera politica, ma il “seguito”, il secondo capitolo della sua parabola che gli elettori chiedono a gran voce. Secondo il sondaggio pubblicato allora da Libé, Dsk si attestava in seconda posizione con il 37 per cento dei consensi, dietro il primo ministro Manuel Valls, al 47, ma largamente davanti a Hollande, arenato al 23. Quel François Hollande con il quale i rapporti sono tesissimi e di cui in privato, come raccontato dal Point qualche mese fa, Strauss-Kahn dice di tutto e di più. “Il governo di Hollande sarebbe stato perfetto per l’inizio degli anni Ottanta, quando la crisi era ancora gestibile. Ma con queste grandi burrasche…”, avrebbe detto ai suoi amici, aggiungendo che la “metà” dei suoi ministri sono degli “incompetenti”.