I danni del terremoto di ieri in Cile (foto LaPresse)

Così il Cile ha imparato a domare i terremoti

Maurizio Stefanini
Le ultime scosse di magnitudo altissima non hanno raso al suolo il paese e il numero delle vittime è rimasto basso. Il confronto con i disastri più recenti.

Ieri un terremoto di magnitudo 8,4 gradi della scala Richter ha colpito il Cile. Una scossa devastante, che ha provocato dodici morti e danni relativamente limitati. Il primo di aprile un terremoto simile, di magnitudo 8,2, aveva fatto 6 morti e rovinato 2500 abitazioni. Il Cile è un paese antisismico, che ha perfezionato le opere di prevenzione negli ultimi anni, e il confronto con i disastri più recenti lo conferma. In Nepal la scossa del 25 aprile è stata di 7,8 gradi, quella del 12 maggio di 7,3, e tra tutte e due hanno fatto 8.000 morti. A Haiti, il 12 gennaio 2010, 7,7 gradi furono sufficienti a fare 220.000 morti e a lasciare un milione di persone senza casa. “Stamattina vedendo le immagini del Cile ci siamo chiesti perché da noi i morti sono stati mille volte più numerosi”, ha commentato un giornalista nepalese.

 

Dopo i 525 morti del terremoto del 27 febbraio 2010, magnitudo 8,8, che pure aveva già dimostrato come il Cile non è Haiti, i sistemi di sicurezza del paese sono stati ulteriormente perfezionati, e ieri un milione di persone a rischio tsunami sono state evacuate immediatamente. Esercitazioni che si fanno fin da piccoli a scuola insegnano ad affrettarsi senza correre, sull’assunto che “rispondere costa cinque volte di più che prevenire”. C’è un sistema di controllo sismologico che permette di percepire subito il rischio. E ieri il sistema di costruzione antisismico ha retto, anche perché gli edifici costruiti in violazione delle norme erano stati già spazzati via nel 2010. Paradossalmente, dicono in Cile, proprio il fatto che i terremoti siano più frequenti e forti ha fatto crescere una cultura anti sismica.

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