L'azzardo di Meimarakis, lo sfidante (tendenza Nazareno) di Tsipras
Milano. I dibattiti elettorali in Grecia durano un sacco di tempo, sembra che tutto debba essere detto lì, perché non ci sarà mai più un’altra occasione per spiegare, interagire, accusare, a volte persino proporre. All’ultimo incontro televisivo prima del voto previsto per oggi – la quarta elezione negli ultimi tre anni – il candidato di Nuova democrazia, Vangelis Meimarakis, ha cercato di approfittare dell’inaspettata luna di miele che i sondaggi gli hanno concesso, assumendo un tono da padre della patria che deve mettere a posto i guai combinati dal bambinetto capriccioso.
L’erede del partito di Antonis Samaras è, a differenza dell’ex premier Alexis Tsipras, il contrario di un outsider: politico di lunga data, incarna lo spirito dell’establishment, non si toglierebbe mai la cravatta (è stato fotografato durante l’estate senza cravatta in un luogo di vacanza e si è iniziato a dire che Meimarakis voleva assomigliare all’ex premier di Syriza: invece aveva soltanto un caldo infernale, ed era in villeggiatura), vuole per il futuro della Grecia un’unità nazionale senza tradimenti, con un team di negoziatori bipartisan per l’Europa. Tsipras ride in faccia a questa proposta: pensa di poter governare da solo, cosa che Meimarakis non sogna neppure. E anche se Tsipras dovesse fare delle alleanze, punta a una coalizione “progressista”, in cui Nuova Democrazia non potrebbe mai entrare (nell’ultima tornata elettorale, a dire il vero ci sono entrati gli indipendenti, che quanto a progresso e progressismo non sono dei campioni). Insomma Tsipras è convinto di farcela alla grande, anche se la sua popolarità è scesa dal 70 al 45 per cento (in una rilevazione, Meimarakis è stato giudicato più popolare di lui), anche se pensava di vincerle facile, queste elezioni, con un mandato forte, e invece deve imparare a fare i conti con il disamore che circola per alcune imprese di Syriza.
[**Video_box_2**]I greci si sentono traditi, dice sempre Meimarakis, perché la promessa fatta da Tsipras non è stata mantenuta, e anzi a luglio la Grecia ha accettato condizioni di salvataggio da parte dell’Europa più rigorose di quelle che erano state proposte a febbraio. Tsipras è andato fino in fondo, fino all’esaurimento nervoso degli europei, con il referendum, e poi ha accettato esattamente quello che i suoi elettori gli avevano chiesto di rifiutare. Un bel pasticcio, insomma. Meimarakis cerca di stanare Tsipras su questo punto, facendogli intendere la polarità estrema che l’ex premier ha voluto introdurre nel dibattito e nelle forme della politica greca – noi rivoluzionari in camicia, voi ladroni in abito scuro – rischia di giocare contro di lui. Perché nessuno le mantiene, le promesse, in Grecia. Tsipras dice a Meimarakis che si comporta come uno che ha scolato tre bottiglie di whiskey, poi si è concesso un altro piccolo shot e risvegliandosi in ospedale ha dato la colpa allo shot. La Grecia è un disastro per colpa di Nuova democrazia e dell’ormai distrutto Pasok, dice Tsipras, soltanto Syriza ha cercato di fare qualcosa senza mettere in ginocchio i greci. Meimarakis non può scrollarsi di dosso, in qualche settimana di improbabile ascesa, anni di governo allegro nelle spese e parecchio corrotto – i suoi detrattori, che sono tanti, ricordano lo scandalo dei sottomarini tedeschi che lo coinvolse quando era ministro della Difesa e dal quale non è mai uscito completamente – e non prova nemmeno a farlo. Gioca sulla competenza e sulla collaborazione, arriva a dire che se anche dovesse vincere e fosse necessaria una coalizione, sarebbe disposto a dare la poltrona di premier a Tsipras, tanto poco gli interessa del potere per sé e molto della possibilità di rilanciare la Grecia. In questo modo le riforme si potrebbero fare e il percorso intrapreso, deciso insieme, sarebbe condiviso. Meimarakis vuole che tutto diventi grigio come lui, dicono i sostenitori di Syriza, ma lui risponde: se vi piace, sono così. E parla come se stesse pronunciando una profezia: altrimenti dovremo comunque rimanere amici.