L'Europa pavida toglie le sanzioni all'Iran e le mette a Israele
Roma. “L’Unione europea rimuove le sanzioni all’Iran e le mette a Israele, l’Iran ottiene sempre più legittimità mentre Israele la sta perdendo, il commercio con l’Iran aumenterà mentre quello con Israele diminuirà”. A cogliere il tragico paradosso dell’Unione europea è l’ex ministro degli Esteri di Gerusalemme, Tzipi Livni, in partenza per Berlino dove incontrerà il capo della diplomazia tedesca, Frank-Walter Steinmeier. Così nella settimana in cui la Corte di giustizia dell’Ue con sede in Lussemburgo elimina le sanzioni dalla principale compagnia iraniana di alluminio (Iralco), la stessa Ue si appresta a far entrare in vigore la prima sanzione contro lo stato ebraico. Si tratta della marchiatura dei prodotti provenienti dalle comunità ebraiche in Cisgiordania, che diventa effettiva dal primo di ottobre. E “non sarà che il primo passo” adottato dall’Europa, come ha detto alla Radio militare israeliana una fonte europea. La sanzione ha un peso specifico di 150 milioni di euro all’anno.
I prodotti degli insediamenti sono etichettati non solo perché assurgono a simboli politici, ma anche perché le imprese nei Territori sono una parte importante dell’economia israeliana con aziende come Oppenheimer, Super Class e Shamir Salads, Golan Heights Dairies, Ahava, Hlavin, Beitili e Barkan Brackets. L’iniziativa è stata perorata in una lettera firmata da sedici ministri degli Esteri europei – tra cui quello italiano – e definita come “un passo importante per la piena implementazione della politica dell’Unione europea in relazione alla difesa della soluzione dei due stati”. La decisione dei diplomatici, forti della risoluzione approvata lo scorso 11 settembre a larga maggioranza dal Parlamento europeo, è respinta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu come “una distorsione della giustizia e della logica che credo faccia male alla pace e non la promuove”. “Le radici del conflitto non sono i territori, non sono gli insediamenti”, ha detto Netanyahu. “Sappiamo cosa è accaduto in passato quando l’Europa ha etichettato i prodotti ebraici”. Era dai tempi della Germania hitleriana che le manifatture e i prodotti agricoli degli ebrei non ricevevano una sorta di marchio d’infamia.
[**Video_box_2**]"Se l’Europa etichetta le merci come “prodotti di insediamenti israeliani”, diventerà sempre più difficile per le compagnie israeliane raggiungere i punti vendita all’estero. Intanto dal ministero degli Esteri di Israele arriva un rapporto sul peso che potrebbe avere il boicottaggio. L’economia di Israele potrebbe perdere fino a quaranta miliardi di shekel l’anno (10,5 miliardi dollari) e migliaia di israeliani potrebbero perdere il posto di lavoro se il paese fosse soggetto al boicottaggio. Si parla di 36.500 licenziamenti, a seconda della portata del boicottaggio e del suo tasso di adozione in tutto il mondo. Il rapporto, redatto sotto l’ex ministro Yair Lapid, era stato tenuto segreto fino a ora. L’esportazione dei prodotti agricoli dalla Valle del Giordano, uno dei polmoni agricoli dell’industria israeliana, è già scesa drammaticamente. “Oggi non vendiamo più nulla in Europa”, ha detto David Elhayan, a capo del Jordan Valley Regional Council. In Germania la catena di supermercati Kaiser non vende più da tre anni i prodotti israeliani della Cisgiordania. I dirigenti della Edom, un importante produttore di frutta israeliana, hanno detto al giornale economico The Marker: “Gli importatori europei ci dicono che non possono vendere prodotti israeliani. Un acquirente europeo mi ha detto che è stato bloccato in diverse catene in Danimarca e Svezia, e poi in Belgio. Non vi è alcun boicottaggio ufficiale, ma tutti hanno paura di vendere frutta israeliana”.
Lo European Council on Foreign Relations, think tank le cui proposte arrivano ogni giorno sul tavolo dei legislatori europei, ha suggerito anche di mettere sotto sanzione alcune banche israeliane. L’appello hitleriano “Kauft nicht bei Juden” (Non comprate dagli ebrei) sembra essersi riaffacciato nella pavida Europa.