Così Londra ha aiutato l'elezione dei sauditi alla Commissione per i diritti umani dell'Onu
Il Regno Unito ha favorito l’elezione dell’Arabia Saudita al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Un negoziato concluso tra i due paesi e svelato ora da un’ong indipendente prevedeva il sostegno reciproco tra i due paesi per ottenere un seggio ciascuno nell’organo dell’Onu. L’ong UN Watch, la stessa che aveva sollevato il caso dell’elezione del paese del Golfo alla presidenza di un importante panel dello stesso Consiglio, ha tradotto in inglese alcuni dei Saudi cables di Wikileaks che dimostrano l’accordo tra i due paesi. Il Consiglio per i diritti umani, composto da 47 paesi, è uno dei più influenti organismi delle Nazioni Unite e monitora il rispetto dei diritti fondamentali nei paesi membri. Secondo l’unica linea guida da seguire nella nomina dei componenti, i membri del Consiglio devono “avere i più alti standard nella promozione e nel rispetto dei diritti umani”. L’Arabia Saudita nell’ultimo anno ha imposto oltre 100 decapitazioni ed è ai primi posti per numero di violazioni di diritti individuali e collettivi.
I documenti riservati tradotti dall’ong parlano di una mediazione tra Londra e Riad in vista dell’elezione del nuovo plenum del Consiglio del novembre 2013. Le prime comunicazioni private tra le due delegazioni risalgono a febbraio dello stesso anno, quando il Regno Unito ha proposto un favore reciproco all’Arabia Saudita. “La delegazione è onorata di inviare al ministero il memorandum allegato che la delegazione ha ricevuto dalla rappresentanza permanente del Regno Unito per chiedere il sostegno alla sua candidatura in qualità di membro del Consiglio dei diritti umani”, recita un cable. Le condizioni per l’intesa tra le due parti sono chiarite nella seconda parte del messaggio: “Il ministero potrebbe cogliere l’opportunità per uno scambio di sostegno con il Regno Unito qualora il Regno dell’Arabia Saudita sostenesse la candidatura del Regno Unito in qualità di membro del Consiglio per il periodo 2014-2015 in cambio del sostegno del Regno Unito a quello dell’Arabia Saudita”. La campagna di promozione per la propria candidatura al Consiglio è costata a Riad 100.000 mila dollari, cifra menzionata in una nota ufficiale, per “spese risultanti dalla campagna per la nomina del Regno per il biennio 2014-2016”.
In un verbale sottoposto dall’Arabia Saudita all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e datato 6 ottobre 2013, in previsione dell’imminente voto del plenum, l’Arabia Saudita aveva promesso uno sforzo importante a beneficio dell’organo delle Nazioni Unite: “Se l’Arabia Saudita fosse eletta come membro […] promette di continuare instancabilmente il proprio sostegno al lavoro del Consiglio. […] Promette di continuare a proteggere i diritti umani e di promuoverli a livello nazionale”. Ma soprattutto, si legge nel verbale, Riad si impegna a “contribuire con un milione di dollari in cinque anni, a partire dal 2012, per finanziare l’organismo nello svolgimento dei propri lavori e attività”.
[**Video_box_2**]L’opera saudita di maquillage in ambito Nazioni Unite tradisce un’attenzione particolare a un fronte ben preciso, quello della guerra in Yemen. Riad guida la coalizione dei paesi arabi sunniti che da mesi bombarda il paese per frenare l’avanzata degli Houthi, una setta sciita sostenuta dall’Iran. Secondo le stime delle Nazioni Unite, i bombardamenti indiscriminati hanno finora ucciso circa 2.100 civili e hanno causato una catastrofe umanitaria. Lo scorso 22 settembre la delegazione olandese al Consiglio per i diritti umani ha presentato una proposta di risoluzione per approvare un’indagine internazionale su presunti crimini di guerra commessi dalla coalizione araba e dagli Houthi in Yemen. Membri importanti del Consiglio come gli Stati Uniti, che sostengono la campagna militare saudita in Yemen, hanno accolto con imbarazzo la proposta di inviare una delegazione nel paese. L’Arabia Saudita, da membro del Consiglio, ha invece risposto con una propria risoluzione, molto più autoindulgente, sottoposta appena due giorni dopo quella olandese. Il testo mirava a evitare l’invio di una commissione di inchiesta Onu in Yemen, ometteva qualunque riferimento ai bombardamenti della coalizione e condannava invece soltanto gli abusi e i crimini commessi dagli Houthi.