Nello scandalo mazzette all'Onu c'è un vecchio amico dei Clinton
Il più alto funzionario delle Nazioni Unite mai accusato di corruzione, un miliardario cinese costruttore di casinò a Macao e molto amico del clan Clinton, milioni di dollari e il Palazzo di vetro dell’Onu trasformato, dice il procuratore di New York, in una “piattaforma per il profitto”. Martedì la polizia di New York ha arrestato l’ex presidente dell’Assemblea generale dell’Onu, John Ashe, con l’accusa di aver partecipato insieme ad altre cinque persone a uno schema di corruzione milionario e di aver ricevuto pagamenti e doni dal ricco costruttore cinese Ng Lap Seng per facilitare i suoi affari.
Ashe è accusato di aver ricevuto 1,3 milioni di dollari in denaro e beni di lusso da Ng e di aver usato i suoi contatti e la sua influenza all’Onu per favorire la costruzione di un centro conferenze miliardario a Macao, progetto ciclopico che avrebbe dovuto trasformare la città cinese in un importante centro diplomatico e in una sede di rilievo per le stesse Nazioni Unite. Ashe avrebbe usato la sua posizione anche per facilitare gli affari di Ns ad Antigua, regione d’origine dell’ex presidente dell’Assemblea, e avrebbe ricevuto pagamenti da centinaia di migliaia di dollari anche per organizzare conferenze ed eventi. “In cambio di orologi Rolex, di un campo da pallacanestro e di completi sartoriali, John Ashe ha venduto se stesso e l’istituzione globale che dirigeva”, ha detto il procuratore federale Preet Bahara ieri in conferenza stampa a New York. “Uniti dall’avidità, (Ashe, Ng e gli altri imputati) hanno trasformato l’Onu in una piattaforma per il profitto”.
Oltre ad Ashe martedì sono state arrestate altre tre persone, tra cui Francis Lorenzo, un altro diplomatico dell’Onu, e due cittadini americani naturalizzati che secondo gli inquirenti avrebbero facilitato lo schema. Ng Lap Seng è stato invece arrestato un mese fa insieme al suo assistente, con l’accusa di aver mentito alla dogana in relazione denaro contante trasferito in America dalla Cina negli ultimi due anni, e adesso affronta accuse molto più gravi. Secondo il procuratore Bahara avrebbe versato all’Onu, in forme legali e illegali, circa 4,5 milioni di dollari, e la rivelazione sta mettendo in imbarazzo il Palazzo di vetro, da tempo accusato di essere permeabile alla corruzione e di mancare di criteri validi per la scelta delle sue alte nomine. Il segretario generale Ban Ki-moon si è detto “scioccato e profondamente rattristato” per le accuse di corruzione, e il successore di Ashe alla carica di presidente, il danese Mogens Lykketoft, ha assicurato la massima collaborazione con le autorità.
Ng Lap Seng è uno dei più importanti costruttori di Macao. E’ un self made man che per sfuggire la povertà si trasferì illegalmente a Macao corrompendo un poliziotto cinese, e costruì la sua carriera da zero fino ad arrivare a possedere il Fortuna Hotel, dove i funzionari del Partito comunista cinese organizzavano le loro feste, oltre a una gran quantità di immobili e business a Macao e nel mondo. Ha contatti politici di alto livello, e non è la prima volta che finisce nei guai in America per finanziamenti sospetti. Negli anni Novanta, come ricorda il Daily Beast, Ng era intimo del clan Clinton, al tempo in cui Bill era presidente.
[**Video_box_2**]Tra il 1996 e il 1997, i finanziamenti in parte “illegali o inappropriati” di alcuni ricchi uomini d’affari asiatici o asiatico-americani in cambio di accesso al mercato americano e altri favori fu uno scandalo notevole per il Partito democratico americano. Ng, che usò degli intermediari per donare oltre un milione di dollari alla campagna elettorale di Bill Clinton nel 1996, divenne uno degli uomini più in vista di quello scandalo quando si seppe che era riuscito ad assicurarsi ben dieci visite alla Casa Bianca, quasi un record, compreso un viaggio in ascensore con l’allora first lady e oggi candidata presidenziale Hillary Clinton. Dopo lo scandalo gli intermediari di Ng sono finiti in prigione, ma lui ha continuato la sua vita da miliardario a Macao, relativamente lontano dalla politica americana, fino a che non ci ha riprovato con l’Onu.