La Terza Intifada è un po' "Made in Europe"
Roma. Lunedì a Teheran atterra il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, a siglare l’amicizia fra Europa e la Repubblica Islamica dell’Iran dopo il deal nucleare. La Ue ha fame di diplomazia e denaro. Pochi giorni fa centotrenta imprese francesi, guidate da Total, Peugeot, Airbus e Atr, sono andate in pellegrinaggio a Teheran, con i ministri di Commercio e Agricoltura. Le imprese tedesche sono da settimane in Iran a siglare accordi, con Linde AG, Siemens, Mercedes e Volkswagen. E da Madrid è arrivata una delegazione con tre ministri e tanti imprenditori. Mentre l’Europa correva a fare affari con gli iraniani, questi ultimi erano già impegnati a usare una parte dei fondi sbloccati dalle sanzioni (150 miliardi di dollari) per finanziare il terrorismo contro Israele. Poco dopo che il presidente austriaco, Heinz Fischer, era andato a Teheran, primo capo di stato europeo a visitare quel paese negli ultimi dieci anni, per incontrare la Guida suprema Ali Khamenei, quest’ultimo annunciava che “l’Iran avrebbe sostenuto chiunque avesse attaccato Israele” invitando di fatto i gruppi terroristi palestinesi a compiere attacchi contro i civili israeliani.
Il governo di Benjamin Netanyahu due giorni fa ha riunito tutto il forum per la sicurezza: non accadeva dalla guerra di Gaza di un anno fa. Venerdì ci sono stati altri quattro attentati, a Gerusalemme, ad Afula e a Kiryat Arba, mentre mercoledì otto israeliani erano rimasti feriti, dopo le quattro vittime in due diversi attentati. E Hamas, che da un anno è tornata a beneficiare del sostegno economico degli ayatollah iraniani, venerdì ha parlato con il suo leader a Gaza, Ismail Haniyeh: “L’Intifada è l’unica strada per la liberazione”.
Lo Shin Bet, il servizio segreto interno israeliano, punta il dito contro l’Iran come corresponsabile dell’ondata di attentati contro gli obiettivi israeliani. Il gruppo che ha rivendicato l’uccisione dei coniugi Henkin una settimana fa, le Brigate Abdul Qader al Husseini, hanno forti legami con l’Iran e Hezbollah. Elementi di queste Brigate Qader e delle Brigate Martiri di Al Aqsa, il braccio armato di al Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, si sarebbero trasferiti per un periodo di addestramento in Iran. Secondo lo Shin Bet, l’attacco alla famiglia Henkin, che ha lasciato anche quattro orfani israeliani, ricalca perfettamente l’addestramento iraniano.
Mohamad Halabi, l’attentatore che poco dopo ha ucciso due israeliani nella città vecchia, a Gerusalemme, faceva parte del Jihad slamico. un proxy iraniano il cui fondatore, Fathi Shiqaqi, era un medico che s’infatuò della Rivoluzione di Khomeini. Il suo successore, Ramadan Abdallah Shallah, è l’unico capo del terrore palestinese rimasto a Damasco durante la guerra civile siriana, mentre i capi di Hamas trovavano riparo a Doha, in Qatar. Secondo il reporter israeliano Ronen Bergman, Shallah ha un filo diretto con la Guida suprema, Ali Khamenei. Come ha scritto lo studioso israeliano Meir Hatina, “il Jihad islamico si vede come il punto centrale nel confronto fra occidente e islam”. E’ affiliato al Jihad anche uno dei simboli di questa Terza Intifada, il terrorista che ha fatto lo sciopero della fame Khader Adnan, scarcerato da Israele a giugno. Alcuni giorni fa è uscito un video di un campo estivo di Hamas a Gaza per ragazzini di quindici anni avviati al jihad in cui si vedono imbracciare armi di fabbricazione iraniana.
Martin Schulz, così solerte nel portare amicizia a Teheran, quando un anno fa era andato in Israele aveva soltanto prediche da fare, e in questi giorni di attacchi del terrorismo palestinese deve ancora pronunciarsi in solidarietà con lo stato ebraico. In un anno, da quando a Gerusalemme i terroristi palestinesi fecero strage di quattro rabbini a Har Nof, il jihad palestinese si è preso la vita di ventuno israeliani. Spesso con la complicità dell’Iran e con i soldi sbloccati dall’Europa.
A volte la storia assume un ghigno sinistro. A Teheran, in questi giorni, sono arrivati anche i dirigenti della Basf, il grande colosso chimico tedesco che durante la Seconda guerra mondiale era noto con il nome di IG Farben. Furono loro a produrre il gas Zyklon B.