Chi macella gli ebrei
Roma. Lo Stato islamico lancia in rete un messaggio ai palestinesi: ribellatevi ai vostri partitini e ai vostri capetti e fate la guerra a Israele in nome dell’islam e non più in nome di un’“identità palestinese”. L’incitamento fa parte di una campagna ben orchestrata dal gruppo per glorificare su internet l’ondata di violenze palestinesi contro gli israeliani, che in questi giorni circola sotto l’hashtag #sgozzagliebrei. Il verbo arabo che compare nell’hashtag – nahara – è usato per la macellazione degli animali e indica nel linguaggio religioso islamico il taglio della gola durante i sacrifici.
Tra domenica e lunedì sono usciti otto nuovi video-appelli, prodotti da diverse “amministrazioni locali” dello Stato islamico, e sono tutti variazioni sul tema. Si tratta a suo modo di una novità, perché il gruppo estremista che ha le sue basi più grandi in Iraq e Siria fino a due giorni fa si era tenuto ai margini del conflitto – anche se ovviamente citava Gerusalemme e l’odio contro gli ebrei nella propaganda. Gli speaker, alcuni in passamontagna e altri a volto scoperto, aizzano l’Intifada dei coltelli, si intestano la paternità spirituale degli attacchi e provano a scavalcare i leader dei partiti locali, al Fatah e Hamas. Abbondano gli spezzoni che mostrano Abu Mazen, capo dell’Autorità nazionale palestinese, assieme al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per screditarlo. Lo stesso trattamento è riservato ai capi di Hamas, Ismail Haniyeh e Khaled Meshaal, mostrati in compagnia dei loro sponsor iraniani, che sono sciiti e quindi per gli ideologi dello Stato islamico hanno lo stesso “potere degradante” di Netanyahu, compromettono ciò che toccano.
[**Video_box_2**]La dottrina che viene in video da Iraq e Siria punta a una “rieducazione” del jihad palestinese verso lo stesso islamismo di Raqqa e Mosul. Lo Stato islamico chiede agli arabi di Gaza e della West Bank di rinunciare all’antica “degenerazione nazionalista” e di agire secondo (quello che loro ritengono) il loro proprio modello di autenticità. Quindi bandiera nera con il sigillo di Maometto al posto della bandiera a quattro colori, unico segno consentito l’indice dritto (indica il monoteismo, pilastro dell’islam), soppressione della cosiddetta “hizbeya”, vale a dire del partitismo e ddella la fiducia nei partiti, considerata come eresia anti islamica. Dove c’è un califfo non ci sono elezioni, e in definitiva la Palestina per Baghdadi non esiste, se non come regione amministrativa.
E’ ancora presto per dire se questo messaggio, che ha già dimotsrato di essere seducente, sta penetrando tra i palestinesi. Hamas è sulla difensiva e da ormai un anno sta facendo la guerra ai gruppuscoli ultra estremisti e filo Baghdadi dentro la Striscia di Gaza, Abu Mazen per ora ha avuto meno problemi, ma il suo controllo si sta affievolendo.
Lo Stato islamico chiede ai palestinesi di rinunciare alle bandiere di partito, anche se sono quelle verdi di Hamas, e a qualsiasi segno che non sia quello islamista del monoteismo (l'indice dritto). Immagini prese dalla campagna video dello Stato islamico per aizzare i palestinesi a continuare e a espandere gli attacchi con i coltelli contro gli israeliani
Dalle piazze ai palazzi