Il Canada alle urne. Crescita economica e bipartitismo in gioco
E’ un testa a testa la competizione elettorale in Canada che si chiuderà stasera tra il primo ministro uscente, Stephen Harper, e il suo avversario Justin Trudaeu, leader del partito liberale di centro sinistra e figlio dell’ex primo ministro Pierre Trudeau, della provincia francofona del Quebec, e tra i maggiori uomini politici nella storia canadese in carica dal 1968 al 1979, e, nuovamente, dal 1980 al 1984.
Il primo ministro uscente, a capo del governo federale dal 2006, si presenta con credenziali forti nella gestione economica del paese. Ha eliminato il deficit di bilancio, anzi nell’anno in corso l’amministrazione federale registrerà un surplus netto per la prima volta dal 2007; ha ridotto la spesa pubblica e abbassato la pressione fiscale ai minimi negli ultimi 50 anni mentre il debito pubblico è tra i più bassi nelle economie avanzate del G20.
Nella sfera delle relazioni economiche internazionali, la sua amministrazione ha negoziato il CETA, l’accordo di libero scambio e partenariato economico con la UE, un trattato bilaterale di libero scambio con la Corea del Sud, ma anche con Giordania, Colombia, Panama, Honduras e Peru. L’amministrazione federale, inoltre, sta negoziando un trattato con l’India e, sara’ tra i paesi fondatori della Trans-Pacific Partnership (TPP), un accordo di libero scambio che gli Stati Uniti stanno finalizzando con altri 11 paesi del Pacifico.
Con la Cina, l’amministrazione Harper ha concluso un accordo che ha istituito a Toronto l’unica banca nel continente delle Americhe abilitata a transazioni off-shore in RMB. Lo scorso anno, la Banca del Canada ha aperto uno swap in valuta con la sua controparte cinese e i due paesi hanno firmato un trattato bilaterale per la protezione degli investimenti.
Eppure, le esportazioni in rapporto al pil sono 5 punti percentuali più basse del 2006. Nonostante il Canada sia stata colpito solo marginalmente dalla crisi finanziaria del 2007-9, la sua economia reale non ha prodotto più lavoro: il tasso di disoccupazione è ai livelli del 2006, anno in cui i conservatori di Harper sono saliti al potere. La crescita è stata nel complesso modesta e quest’anno l’economia canadese è entrata in recessione.
[**Video_box_2**]Soprattutto, molti dei suoi critici puntano il dito sull’enorme bisogno di infrastrutture che languono nonostante i bassi tassi di interesse e la stabilità della finanza pubblica. Proprio su questo punto i liberali hanno dato battaglia prendendo a prestito il modello intellettuale dell’ex consigliere di Obama, Larry Summers. Promettono un deficit di bilancio per i prossimi 3 anni per finanziare l’enorme fabbisogno infrastrutturale del paese, affermando di riportare il bilancio in equilibrio verso la fine del loro mandato, pur senza specificare come.
Ripromettono, pure, di riportare il Canada sulla scena internazionale ripristinando il suo ruolo di mediatore e nazione fondatrice del G20. Sul commercio internazionale, dicono di avere una posizione favorevole in linea di principio, ma fanno fatica ad articolarla con coerenza.
La loro grande forza non viene dalla credibilità del programma ma dalla loro collocazione strategica nel panorama politico, collocandosi in una posizione intermedia tra il partito conservatore di Harper, da un lato, e quello di sinistra più radicale del New Democratic Party (NPD) guidato da Tom Mulcair.
Anche se nessun partito raggiungerà la maggioranza dei seggi pari a 170, è plausibile che i due partiti attualmente all’opposizione possano formare una coalizione e neutralizzare il partito conservatore al potere da quasi 10 anni.
Nella storia politica canadese, le coalizioni sono state sempre viste con una certa diffidenza a causa dell’intrinseca instabilità che è loro associata. A livello federale, il precedente risale all’esperienza politica durante la prima guerra mondiale. Nella provincia dell’Ontario, invece, l’esperienza del governo di coalizione è più recente quando negli anni ottanta i progressisti del partito liberale e di NDP si allearono per ostacolare un governo provinciale conservatore.
Eppure, a parte l’esperienza storica, un recente sondaggio riporta che il 58 per cento dei canadesi sosterrebbe un governo di coalizione se le elezioni di oggi non dovessero produrre un chiaro vincitore. Più difficile da dire è se il cambio di governo sarà in grado di riportare il Canada nella posizione di leadership intellettuale e politica nelle relazioni internazionali che l’ha contraddistinto negli scorsi decenni.
Dalle piazze ai palazzi