Bibi ha ragione
Roma. Tranquilli, Benjamin Netanyahu non è diventato un negazionista. Giovedì il premier israeliano ha preso lezioni di storia da tutti i commentatori italiani, gli stessi che, miracolosamente, perdono la parola ogni volta che l’ayatollah iraniano Ali Khamenei o l’imam egiziano al Tayeeb minacciano una nuova Shoah contro il popolo ebraico. La “bombshell” di Bibi è aver portato all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale la figura di Haj Amin al Husseini, la massima autorità palestinese tra le due guerre mondiali, il Mufti di Gerusalemme fino a oggi conosciuto solo a pochi addetti ai lavori. Netanyahu ha indicato qualcosa di inaccettabile per gli storici, i politici e i giornalisti: la radice del conflitto non è l’“occupazione”, ma il jihad, la guerra santa che dura da novant’anni. Per l’esattezza dal 23 agosto 1929, quando il Mufti ordì un salasso di ebrei a Hebron e Gerusalemme, le città anche oggi maggiormente colpite dalla Terza Intifada, quando gli arabi diedero la caccia agli ebrei, li uccisero come animali, quasi sempre con il coltello, come oggi. I rapporti tra il Mufti e il nazismo non furono tattici. Hitler era invocato, da Rabat a Ramallah, come “il redentore” che avrebbe spazzato via inglesi ed ebrei. Al processo di Norimberga, Dieter Wisliceny, uomo chiave nella Soluzione finale, testimoniò che il Mufti “era uno dei migliori amici di Eichmann e lo aveva costantemente istigato ad accelerare le misure di sterminio. Gli sentii dire che, accompagnato da Eichmann, egli aveva visitato in incognito le camere a gas di Auschwitz”.
I giornali hanno volutamente trascurato questa e altre vicende che riguardano il Mufti. Ma non è una discussione storica, quanto super politica. “Netanyahu ha ragione nel dire che il Mufti ebbe un ruolo attivo nell’eliminazione degli ebrei”, dice al Foglio Raphael Israeli, professore emerito di Storia all’Università ebraica di Gerusalemme, che ha pubblicato un libro sul Mufti nella Shoah, “Death Camps in Croatia”. “Per il Mufti, Hitler doveva fare la sua parte nell’eliminare gli ebrei europei, mentre i palestinesi si sarebbero occupati degli ebrei in medio oriente. Ogni venerdì nelle moschee si ripete questo odio per gli ebrei, "i figli di maiali e scimmie". La Terza Intifada è la manifestazione di quest’odio antico che risale al Corano”. Non a caso Netanyahu a Gerusalemme ha personalmente seguito la demolizione dello Shepherd Hotel, che fino al 1967 ha ospitato la villa del Mufti, il creatore di questa spina antisemita nella mentalità araba rigirata nella ferita fino a diventare il maggiore motore di infezione. La menzogna “gli ebrei minacciano al Aqsa”, che da settimane rimpalla sui media palestinesi, è un’invenzione del Mufti.
[**Video_box_2**]Come nel 1929, i terroristi che oggi uccidono gli ebrei vivono fra di loro, nel lato “buono” della barriera, hanno carte di identità israeliane e un lavoro alla Bezeq, la compagnia telefonica israeliana. Basta chiederlo al padre palestinese che ha postato su Facebook il video della figlia, Rahf. Ha in mano una mannaia, lui le chiede: “Perché vuoi uccidere gli ebrei?”. Lei risponde: “Hanno rubato la mia terra”. E’ questo che Netanyahu ha detto a un’Europa sorda e ipocrita. Che il messaggio che l’Intifada rivolge agli ebrei israeliani è scritto a lettere maiuscole, inconfondibili, rosso sangue: noi non vogliamo vivere insieme a voi, vogliamo uccidervi, vi vogliamo fuori di qui.
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