Le notti di Kartapolov
Mosca. Si dice che il generale Andrei Valerevich Kartapolov, vice capo di stato maggiore russo, abbia dormito nel suo ufficio sulle rive del fiume Moscova, davanti al parco Gorky, per cinque notti di seguito prima del lancio della campagna aerea in Siria, di cui è tra i principali strateghi. Nato a Weimar nel 1963, nell’allora Repubblica democratica tedesca, Kartapolov comanda la Direzione operativa principale dello stato maggiore della Difesa, l’equivalente del nostro III reparto – Politica militare e pianificazione. Si tratta del centro di maggiore concentrazione di specialisti, il “cervello” che raccoglie, elabora e controlla tutto ciò che accade nelle Forze armate della Federazione.
Kartapolov dirige quelle che lui stesso tiene a definire le “azioni” e non le “operazioni” russe in Siria. “Operazione contiene l’idea di un inizio e di una fine, ma nessuno sa quanto durerà il nostro intervento lì”, dice al Foglio il giornalista Viktor Baranets, che proprio su questo punto è stato redarguito da Kartapolov, durante la recente intervista con cui, di fatto, il generale russo è stato presentato al grande pubblico. Ex colonnello sotto Eltsin, licenziato nel ’97 per le critiche contro lo stato di degrado in cui versava l’ex Armata rossa, Baranets scrive di questioni militari per la Komsomolskaya Pravda, il giornale più diffuso nel paese. L’ufficio di Kartapolov è una di quelle stanze dove da giornalista non si entra facilmente. Se sei straniero, poi, è off limits: il ministero della Difesa ha messo il veto a interviste con testate estere. Baranets vi ha avuto accesso in qualità di ex analista proprio allo stato maggiore. La stanza dei bottoni si trova in un edificio sovietico sul lungofiume Frunze, da poco ristrutturato. C’è anche l’ufficio del ministro della Difesa, Sergei Shoigu.
Le rare volte che viene aperto agli addetti militari stranieri è vietato usare l’ascensore per non far capire agli ospiti di quanti piani, in superficie e sottoterra, sia composto.
Baranets descrive il generale come “un uomo che si è fatto da sé, diplomato all’accademia militare, con una carriera che non ha bruciato tappe e durante la quale ha acquisito una gigantesca esperienza professionale”. Si tratta soprattutto di uno “stratega fine e intellettuale”, la cui “modestia” non gli permette di sottolineare abbastanza i suoi meriti. Il coordinamento con i comandanti siriani, i negoziati con i militari turchi, le teleconferenze col Pentagono sull’accordo per evitare incidenti nei cieli della Siria sono soltanto alcuni dei dossier che passano per le mani di Kartapolov. Era alla destra del viceministro della Difesa Anatoli Antonov durante il primo briefing con i giornalisti stranieri a Mosca.
“Sotto la sua guida sono state elaborate tutte le principali iniziative in Siria”: dalle operazioni sotto copertura per il trasferimento di mezzi e uomini – che secondo Baranets sono iniziate nella primavera di quest’anno – fino alla creazione a Baghdad del Centro di coordinamento tra le intelligence di Siria, Iran e Iraq (che con Russia e Hezbollah formano i cosiddetti “4+1”). “C’è voluto tempo per formarlo – dice l’esperto – Kartapolov è stato lì sei volte e ha negoziato con gli altri partner coinvolti”. Secondo Baranets si tratta di un punto importante della strategia russa: il Centro serve da “contrappeso alla coalizione a guida Usa e come base da dove affrontare un eventuale riposizionamento delle forze Isis, in fuga dai raid di Mosca e dall’offensiva siriana”. A guidare questa delicata cabina di regia “c’è uno dei nostri”, dice Baranets senza fornire nomi. Voci che circolano negli ambienti militari parlano di Sergei Korolenko o di Valeri Kisil, attaché militare all’ambasciata russa in Iraq.
[**Video_box_2**]Kartapolov è il “braccio destro” del capo di stato maggiore Valeri Gerasimov, che riferisce direttamente a Shoigu. Entrambi sono sulla lista dei soggetti sanzionati dalla Unione europea, col divieto di viaggio e il congelamento degli asset, per la crisi ucraina. “Si danno del tu e Gerasimov ha grande rispetto per il generale”, racconta l’esperto della Komsomolskaya Pravda.
A decidere, però, rimane solo Vladimir Putin, che è anche comandante in capo delle Forze armate: “Chi dice che il comandante iraniano Qassem Suleimani, venuto effettivamente a Mosca almeno tre volte, abbia convinto il presidente a lanciare i raid in Siria non sa che deve ancora nascere qualcuno in grado di influenzarlo”.
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