Di mufti in mufti, così si negano la storia e le prove del passato ebraico di Gerusalemme
Se Netanyahu è stato accusato di negazionismo per le parole sul gran mufti di Gerusalemme e la Shoah, per il successore dell'alleato e consigliere di Hitler sarà pronto lo stesso bollino certificato dagli intellò occidentali? Sempre i primi quando si tratta di inveire sul premier israeliano nonostante le loro lacune storiche, quelli che il direttore del New York Sun Seth Lipsky ha chiamato “attaccabrighe liberal” tacciono ora sulle parole dello sceicco Muhammad Ahmad Hussein. La guida della moschea di Al-Aqsa, intervistata dall'emittente israeliana Channel 2, ha sostenuto che mai è esistito un tempio ebraico sulla cima del Monte del Tempio. Quello sarebbe, secondo la vulgata dell'attuale guida islamica di Gerusalemme, il sito di una moschea sin “dall'origine del mondo”. Considerato il terzo luogo santo dell'Islam e il più sacro per gli ebrei, il Monte del Tempio sarebbe lo strumento attraverso il quale Israele mette in atto la sua guerra culturale con l'unico obiettivo di cancellare dalla Città santa le identità araba ed islamica, diffondendo l'idea di un falso tempio e altre fantasie bibliche.
Il legame tra l'attuale gran muftì Hussein, in carica dal luglio 2006 su nomina di Abu Mazen, e il predecessore riportato agli onori delle cronache dalle parole di Netanyahu al recente Congresso sionista appaiono fortissimi. Dal momento dell'insediamento ad Al-Aqsa, illuminato dallo spirito dell'antesignano, i suoi attacchi contro Israele si sono moltiplicati, dal sostegno agli attentatori suicidi palestinesi glorificati e martirizzati fino ai ripetuti inviti alla ribellione contro gli occupanti israeliani. Lo scorso maggio il predicatore si è recato assieme ad alcuni esponenti religiosi libanesi sulla tomba di Haj Amin Al-Husseini lasciando fiori sul sepolcro dell'uomo che spalleggiò Hitler nella decisione della soluzione finale per la questione ebraica, come documentato dagli appunti dell'interprete di Hitler, il colonello delle SS Eugen Dollmann, e dai diari del mufti stesso.
Oggi al centro delle tensioni tra Israele e i palestinesi, nella Guerra dei sei giorni del 1967 il Monte fu riconquistato dopo circa vent'anni di controllo giordano dai paracadutisti israeliani guidati da Mordechai Motta Gur, il colonnello che entrò nella Città vecchia di Gerusalemme esclamando “Il Monte del Tempio è nelle nostre mani. Ripeto: il Monte del Tempio è nelle nostre mani”. Sotto pressioni internazionali, il controllo religioso del sito passò però presto nelle mani del Waqf islamico di Gerusalemme, guidato dal gran mufti. Oggi la preghiera è permessa solo ai fedeli musulmani che godono anche della massima libertà per l'accesso al sito (a parte casi straordinari di violenze), mentre gli ebrei devono sottostare a forti restrizioni con giorni, orari e porte d'ingresso limitati oltre che al divieto di preghiera al Monte del Tempio. Questo nonostante una sentenza dello scorso marzo di un tribunale israeliano che ha dato ragione al rabbino Yehuda Glick, allontanato per due anni dal Monte dopo aver pregato nel luogo sacro per la sua religione. La decisione della corte ha inoltre stabilito l'obbligo per la polizia di garantire il culto agli ebrei sul Monte del Tempio. Questi sarebbero gli abusi degli israeliani che controllano il sito.
[**Video_box_2**]Durante la sua intervista al canale israeliano, il gran mufti Hussein ha negato qualsiasi tipo di testimonianza contraria alla sua visione negazionista rispetto all'esistenza di un luogo di culto ebraico. Anche documenti musulmani. Come quelli dello storico del decimo secolo al-Muqaddasi che ha raccontato del sito voluto fortemente da re Davide e realizzato da Salomone. O come la guida alla moschea pubblicata dal Waqf nel 1924 che faceva riferimento alla presenza nell'antichità di due templi ebraici sulla cima di Gerusalemme. Non bastassero ci sono le iscrizioni del Tempio di Erode distrutto dai romani nel 70 dC che confermano la presenza del tempio ebraico.
Dopo aver inneggiato alla distruzione dello stato di Israele e all'eliminazione di ogni ebreo sulla faccia della terra, è ora il turno della devastazione e del negazionismo del principale luogo di culto per la fede ebraica. Intanto gli intellò, dopo aver bollato di negazionismo Netanyahu dimostrando sì la loro vicinanza alla causa palestinese ma anche ignoranza storica, sembrano ammutoliti al cospetto del gran mufti che brucia ogni prova del passato ebraico. Come fece Hitler.