L'appello accademico inglese per boicottare Israele. Firmato da molti italiani
Roma. “Non accetteremo inviti dalle istituzioni accademiche israeliane, non saremo referenti in alcuno dei loro eventi, non parteciperemo a conferenze da loro finanziate, organizzate o sponsorizzate, né coopereremo con loro”. Ieri il Guardian ha pubblicato una pagina intera firmata da trecento accademici britannici, docenti e ricercatori, che dicono di aver iniziato il boicottaggio di Israele e delle sue istituzioni accademiche.
I firmatari, tra cui accademici dell’Università di Cambridge, della Queen University di Belfast e della London School of Economics, parlano di “violazioni intollerabili dei diritti umani inflitte a tutto il popolo palestinese”. Fra gli accademici ci sono nomi di fama mondiale come Tom Kibble, fisico teorico dell’Imperial College di Londra; Timothy Shallice, già direttore dell’Institute of Cognitive Neuroscience all’University of College di Londra; Iain Borden, già preside della Bartlett School of Architecture, e Richard Seaford dell’Exeter University, che si è rifiutato di recensire un libro per la rivista israeliana Scripta Classica Israelica. Un boicottaggio dagli effetti pratici, che intende persuadere le istituzioni accademiche a rompere le relazioni con gli atenei israeliani, convincere gli accademici a non recarsi nello stato ebraico, non invitare israeliani alle conferenze e non pubblicare articoli su riviste specializzate israeliane.
A firmare l’appello del Guardian anche molti studiosi italiani che lavorano nelle università del Regno Unito. Per citarne alcuni Carlo Morelli della Dundee University, Alberto Toscano del Goldsmith College e Alessandra Mezzadri della London University. Gli accademici italiani ormai spiccano in quasi tutti gli appelli culturali per il boicottaggio di Israele. Come fra i cinquecento antropologi che hanno denunciato “il potere, l’oppressione e la violenza strutturale” di Israele. Fra i firmatari Silvia Posocco e Tommaso Sbriccoli della London University, Mara Benadusi dell’Università di Catania, Alessia Prioletta dell’Università di Pisa, Riccardo Putti dell’Università di Siena, Simona Taliani dell’Università di Torino e Angela Zito della New York University. L’appello chiede che “non si collabori a progetti o eventi ospitati o finanziati da istituzioni accademiche israeliane, non si insegni o si partecipi a conferenze di tali istituzioni, e non si pubblichi in riviste accademiche basate in Israele”. Trentacinque gli accademici italiani provenienti dalle nostre maggiori università che hanno firmato invece l’appello al Commissario europeo della Ricerca, Máire Geoghegan-Quinn, per chiedere l’esclusione delle istituzioni “complici delle violazioni israeliane del diritto internazionale” dai programmi di ricerca finanziati dall’Unione europea. C’è anche Domenico Losurdo.
[**Video_box_2**]Ieri sulla pagina degli editoriali del Washington Post hanno lanciato il boicottaggio d’Israele anche Steven Levitsky, professore a Harvard, e Glen Weyl, assistente di Economia e Diritto all’Università di Chicago. I due accademici dicono di “amare Israele” e di boicottarlo per salvarlo da se stesso. Ha risposto loro, sempre dalle colonne del Post, Elliott Abrams: “Stanno cercando di distruggere Israele per salvarlo, da Cambridge e da Chicago, mentre gli israeliani affrontano pericoli ogni giorno. Un tale pericolo è il terrorismo. Un altro, come possiamo vedere, sono questi professori stupidi le cui pretese intellettuali li portano a ignorare la storia e a infantilizzare i palestinesi”. Ma a castigare questi accademici è stata soprattutto la celebre scrittrice inglese J. K. Rowling, l’autrice della saga di romanzi di Harry Potter, che ha invece lanciato un appello per la “Cultura per la coesistenza” apparso alcuni giorni fa sempre sulle pagine del quotidiano inglese Guardian. Tra i firmatari anche la scrittrice inglese Hilary Mantel, lo storico scozzese Niall Ferguson e Simon Schama, docente alla Columbia University. “Stiamo cercando di informare e incoraggiare il dialogo su Israele e i palestinesi in una comunità culturale e creativa più ampia”, recita il contrappello della Rowling. “I boicottaggi culturali che vogliano isolare Israele sono divisivi e discriminatori, e non favoriscono la pace”. Ovviamente i fan della serie del maghetto hanno inondato la Rowling di lettere di protesta. Brutta sionista.