Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker (foto LaPresse)

Perché anche l'Ue vota Erdogan (che vuole più soldi per i rifugiati)

David Carretta
La Commissione europea ha rinviato la pubblicazione di un report imbarazzante sullo stato della democrazia in Turchia a dopo le elezioni. Intanto il presidente turco aumenta le richieste per un accordo sui migranti.

Bruxelles. Con gli strumenti della realpolitik, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha già espresso il suo voto a favore di Recep Tayyip Erdogan nelle elezioni legislative di domani in Turchia. Il presidente turco non è sulla scheda elettorale, ma l’Unione europea è pronta a tutto – o quasi – per entrare nelle grazie del sultano di Ankara, considerato indispensabile per frenare il flusso di migranti che cerca di raggiungere l’Europa. Anche rinviare la pubblicazione del rapporto annuale sullo stato di avanzamento della Turchia nel processo di adesione all’Ue, che comprende un ampio capitolo sulla deriva autoritaria di Erdogan e il deterioramento dello stato di diritto. La copia è pronta dal 14 ottobre scorso. Ma Juncker ha deciso di tenerla chiusa in un cassetto, ufficialmente perché vuole che “il rapporto ottenga l’attenzione dei media che merita”, come spiega da due settimane il suo portavoce Margaritis Schinas.

 

Nel frattempo, diversi media turchi vicini all’opposizione sono stati chiusi prima di poter raccontare quel che la Commissione pensa del governo turco. Se il testo sarà approvato nella sua versione attuale, dopo le elezioni (forse già il 5 novembre) la Commissione dirà che in Turchia “la situazione si sta degradando dal 2014” con “l’indipendenza della magistratura e la separazione dei poteri” che sono state “considerevolmente danneggiate”. Erdogan sta usando ogni mezzo per riconquistare la maggioranza in Parlamento. Secondo quasi tutti i sondaggi, l’Akp del presidente è in netto vantaggio ma rischia di non ottenere per la seconda volta la maggioranza, e sarà costretto a formare una coalizione con i nazionalisti dell’Mhp, o a cercare le elezioni per la terza volta in una situazione di estrema instabilità internazionale e di quasi guerra civile con i curdi nel sud-est del paese.

 

Secondo Emma Sinclair-Webb di Human Rights Watch, il rinvio “suggerisce che l’Ue è determinata a minimizzare gli abusi della Turchia in cambio della sua cooperazione nel fermare richiedenti asilo e migranti”. Martedì davanti all’Europarlamento, Juncker ha detto che, “piaccia o meno, dobbiamo lavorare con la Turchia” sui rifugiati: “Possiamo insistere” sui diritti umani e democrazia, “Ma dove dove ci porterà nelle nostre discussioni con la Turchia?”. In realtà, il posticipo del rapporto è solo uno dei tanti regali elettorali fatti a Erdogan nelle ultime settimane nell’ambito del “grand bargain” sui rifugiati. Il 18 ottobre Angela Merkel è volata ad Ankara per onorare il presidente turco. Tre giorni prima, i leader dell’Ue avevano dato il via libera politico a un “piano d’azione” con la Turchia che prevede aiuti finanziari, il rilancio del processo di adesione con l’apertura di diversi capitoli negoziali e un’accelerazione sulla liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che vogliono viaggiare in Europa. In cambio, Ankara dovrebbe impedire alle imbarcazioni cariche di migranti di salpare verso la Grecia e tenersi gran parte dei rifugiati siriani, compresa una parte di quelli che arriveranno nei paesi Ue grazie all’inserimento della Turchia nella “lista dei paesi sicuri”. Il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, “andrà presto in Turchia” per continuare i negoziati sui dettagli del “piano d’azione”, ha annunciato un altro portavoce comunitario.

 

[**Video_box_2**]Davanti a un interlocutore debole e disperato, Erdogan avrebbe nuovamente alzato l’asticella delle richieste. Invece di 3 miliardi di euro di aiuti europei nei prossimi cinque anni, Ankara vorrebbe incassarne 3 miliardi l’anno. La Turchia insiste anche per ottenere la liberalizzazione dei visti, a cui si oppongono diverse capitali Ue, già nel 2016. Per Marc Pierini del Carnegie Europe, nel breve periodo “la Turchia ha ottenuto un vantaggio sull’Ue: molti vedono le recenti aperture dell’Ue verso Ankara come una richiesta di elemosina per ottenere l’aiuto della Turchia nell’affrontare la crisi dei rifugiati”. Ma nel medio-lungo periodo la deriva autoritaria di Erdogan tornerà a pesare nei rapporti con l’Ue. “Una soluzione a queste divergenze dipenderà dalla formazione e dalla natura di un governo di coalizione a Ankara”, ha avvertito Pierini.