Japan Post per il sociale

Abe privatizza le Poste nipponiche e chiede ai risparmiatori un azzardo

Giulia Pompili
E' la holding che fa cadere governi e influenza la politica diventa un’opportunità di investimento, ed è l’Ipo più grande del 2015 e per il paese rappresenta un cambiamento epocale. I dubbi sull’Abenomics e il ruolo speciale del postino.

Roma. Della privatizzazione delle Poste giapponesi si parlava da più di dieci anni. Il primo a iniziare il processo era stato Junichiro Koizumi, mentore politico dell’attuale premier Shinzo Abe, che portò avanti una serie di misure per modernizzare – e privatizzare – lo storico colosso di proprietà dello stato. Quando il provvedimento finale fu bocciato alla Camera alta, nel 2005, Koizumi convocò le elezioni anticipate come fosse un referendum sulla sua politica liberale. La privatizzazione delle Poste, allora, era osteggiata dal suo stesso Partito liberal-democratico, al cui interno militavano molti ex dipendenti della compagnia statale. Koizumi rivinse le elezioni, e il Partito liberal-democratico governò fino al 2009, ma il processo di privatizzazione rallentò fino al 2012, quando Abe tornò al potere.

 

La data di ieri –  quella della più grande Ipo di quest’anno, la seconda del mondo dopo quella di Alibaba, che ha rinvigorito pure l’indice Nikkei della Borsa di Tokyo con un’offerta iniziale al pubblico da undici miliardi e mezzo di dollari – era segnata sui calendari di tutti i businessmen giapponesi. E’ il primo passo verso la terza freccia dell’Abenomics, quella delle grandi riforme strutturali, di cui ancora non si vede nemmeno l’ombra. La trasformazione della Japan Post, che comprende anche la Japan Post Bank e la Japan Post Insurance, è una questione economica – si tratta della più grande privatizzazione degli ultimi trent’anni in Giappone – ma è anche una questione domestica, meno lontana di quanto si possa pensare dalla vita dei cittadini. Che, da vent’anni arenati nella stagnazione economica e nella profonda deflazione, non investono più, ma potrebbero decidere di investire – finalmente – nelle Poste.

 

“La morte lenta”, la chiamò l’attuale ministro delle Finanze Taro Aso, quella per cui i consumi non aumentano, la gente non spende e non investe, non mette su famiglia. Il fattore psicologico, in questi casi, secondo l’Abenomics è fondamentale.  Oggi Abe sfrutta la familiarità delle Poste giapponesi come uno stimolo per aiutare i giapponesi a investire. E’ proprio per quel fattore psicologico che gli utili della vendita di ieri, previsti in 30 miliardi di dollari, in parte saranno destinati alla ricostruzione delle aree colpite dal terremoto dell’11 marzo del 2011.

 

[**Video_box_2**]Del resto, il conglomerato che fa capo alle Poste giapponesi non è soltanto un sistema di distribuzione di lettere. La holding è in grado di far cadere i governi, di controllare la politica, Fortune la piazza al tredicesimo posto delle più grandi aziende del mondo con i suoi 400 mila dipendenti, 24 mila sportelli al pubblico e un capitale totale da 2,84 mila miliardi di dollari.  Ha una storia lunga 140 anni. Si tratta di servizi postali, banca, prodotti assicurativi, distribuzioni internazionali. Un terzo dei dipendenti statali lavora alle Poste giapponesi; ogni famiglia conosce almeno un dipendente delle Poste. Il postino ha un ruolo fondamentale nella società giapponese. E’ sempre presente nell’immaginario popolare della vita nipponica, con la bicicletta o con il motorino. La precisione nella consegna delle tradizionali cartoline augurali per il nuovo anno è ormai proverbiale, ma il postino ha anche un’altra responsabilità, più sociale. Da una parte, Japan Post è il più grande incubatore di risparmi personali del mondo, la maggior parte dei quali rappresenta le pensioni dei cittadini più anziani. E con l’inarrestabile invecchiamento della popolazione, il Giappone ha dovuto pensare a un sistema alternativo di assistenza. Dal 2013 la holding ha attivato il sistema “di sorveglianza” degli anziani che vivono da soli, lontani dalla famiglia, e si spengono in casa, dimenticati – un fenomeno drammatico e molto diffuso in Giappone. Insieme con Ibm e Apple, Japan Post ha organizzato un sistema in cui un funzionario dell’ufficio postale insegna all’anziano a usare iPad e applicazioni per sentirsi meno solo, Ibm fornisce sistemi informatici per l’assistenza medica, e infine il postino suona alla porta, come si faceva un tempo, anche se non deve consegnare nulla. Un servizio per cui si prevedono 5 milioni di abbonamenti entro il 2020. Non c’è niente di più familiare per un giapponese delle Poste, e l’operazione di Abe di iniziare proprio da questa privatizzazione forse è un passo in avanti per far decollare definitivamente l’Abenomics.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.