In termini di realpolitik, so far so good

Paolo Scaroni
Dopo la vittoria dell’Akp, abbiamo chiesto ad alcuni esperti se il ruolo stabilizzatore della Turchia è plausibile e che ne sarà del modello turco. Girotondo di opinioni.

Erdogan negli ultimi anni ha smontato l’architettura costituzionale, costruita da Atatürk, che faceva della Turchia una democrazia controllata, con l’esercito garante dell’ordine e della laicità dello stato.

 

La Turchia, senza quella rete di protezione, è stata fino a domenica sull’orlo di una crisi istituzionale perché nessuno aveva la maggioranza. Erdogan ha stravinto perché i turchi – in una situazione come quella del medio oriente sempre più complicata e pericolosa – si aggrappano alle sicurezze che hanno ed Erdogan rappresenta la stabilità e la sicurezza. Noi europei poi dobbiamo ricordare che la Turchia funge da asilo per due milioni di rifugiati siriani pronti a rischiare la vita per venire da noi e che sarebbero ancora più motivati a cercare rifugio in Europa se la Turchia piombasse nel caos. Dunque, in termini di realpolitik, possiamo dire: so far so good. Certo, se sottoponessimo il governo Erdogan all’esame della piena democrazia non passerebbe a pieni voti, e ho qualche dubbio che tutti i turchi siano felici di digerire un governo che arresta giornalisti e dissidenti. E anche affidare a Erdogan il ruolo di stabilizzatore dell’area mi sembra fuori posto: il suo atteggiamento nei confronti dello Stato islamico è quantomeno incerto, se non tiepido, mentre appare particolarmente ostile verso la minoranza curda e anche la sua inimicizia verso Bashar el Assad sembra più un problema che una soluzione, perché contribuisce a destabilizzare l’unico simulacro di governo che resiste in Siria.

 

La mia previsione è che Erdogan governerà per i prossimi mesi tranquillamente, grazie al desiderio di sicurezza dei turchi. Del resto, noi europei abbiamo un interesse diretto a fare in modo che la Turchia resti stabile e funga da rifugio per i siriani che lasciano il loro paese dilaniato dalla guerra. Guai se dalle elezioni non fosse uscito un vincitore. Ci sarebbero state anche pesanti conseguenze economiche, mentre a guardare la Borsa di Istanbul e la lira turca – i mercati finanziari hanno approvato la soluzione politica che i turchi hanno votato. L’economia turca si rimetterà  in carreggiata. Certo è che il sogno di una Turchia che entra nell’Ue è rimandato di qualche decennio.

 

 

Paolo Scaroni è deputy chairman di Rothschild ed ex ad di Eni
(testo raccolto dalla redazione)

 

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