Una prima assoluta: la destra si è compattata, compresa l'ala islamista
Se dobbiamo trovare un lato positivo, le elezioni si sono svolte in modo pacifico, anche nelle aree curde, e non abbiamo notizia di clamorose irregolarità. Non è un fatto incredibile, dato che sono le ventiseiesime elezioni dal 1946, ma è comunque un buon segno se teniamo conto della polarizzazione pre elettorale. E’ un enorme colpo per i sondaggisti, che prevedevano un risultato simile a quello delle elezioni di giugno. I nazionalisti turchi del Mhp e la parte più conservatrice del Hdp stanno andando (anzi tornando) all’Akp di Erdogan, mentre i liberali stanno abbandonando il Hdp. Queste tre tendenze che abbiamo visto alle urne sono dovute alla lotta contro il Pkk che ha fatto innervosire i nazionalisti e ha spaventato i liberali, inducendoli ad abbandonare il partito pro curdo. E, in cerca di sicurezza, anche i conservatori curdi che non hanno mai amato il Pkk stanno tornando verso Erdogan dopo l’inizio delle ostilità nel sud-est del paese. Il senso di instabilità della Turchia, sommato alla retorica di Erdogan dell’ “uomo forte che vi proteggerà”, ha funzionato, concedendo una vittoria sia a lui sia al Pkk, ma non è una buona notizia per l’occidente che deve dialogare con un leader che negli anni si è allontanato dal modello democratico turco e ora è ulteriormente rafforzato. Sulla questione curda, Erdogan continuerà l’offensiva militare per piegare il Pkk e portarlo al tavolo delle trattative in una posizione di debolezza. E’ anche molto significativo che gli islamisti del Saadet Party (Sp) siano implosi, e che l’Akp abbia risucchiato tutti i suoi voti: Erdogan è riuscito a consolidare la destra politica del paese, compresa quella esplicitamente islamista, una prima assoluta della politica turca.
Soner Cagaptay
direttore del Turkish Research
Program al Washington Institute
for Near East Policy