Così l'ex ministro di Mujica sfida il governo venezuelano
Quello inviato al Venezuela alla vigilia delle elezioni del 6 dicembre non è un attacco ma “una lettera di 18 pagine con osservazioni puntuali sulla situazione in Venezuela”. Un documento propositivo, pensato non solo per favorire un ordinato svolgimento delle elezioni, “ma soprattutto perché il 7 dicembre vi sia un’atmosfera di conciliazione in cui ogni venezuelano sia importante per gli altri venezuelani”.
Cinquantadue anni, diplomatico di professione, l’uruguayano Luis Leonardo Almagro Lemes è dal 26 maggio 2015 segretario generale dell’Organizzazione degli stati Americani (Osa). “La più antica organizzazione regionale del mondo”, tiene a ricordare. In precedenza è stato per cinque anni il ministro degli Esteri di Pepe Mujica: il presidente filosofo, ex-guerrigliero Tupamaro. Anche lui è esponente dello stesso partito e della stessa alleanza, anche se da giovane militò nella formazione di centro-destra del Partido Nacional. Ma mentre Mujica ha sempre tenuto una linea piuttosto conciliatrice verso il governo venezuelano, al massimo consigliando al presidente Chávez e poi al suo successore Maduro un po’ di moderazione, lo scorso 10 novembre Almagro ha invece nel modo più clamoroso posto il regime bolivariano in stato d’accusa, con una lettera al Consiglio elettorale del Venezuela in cui si è lamentato della mancanza di trasparenza e imparzialità nel processo elettorale in corso.
E’ probabile che il Venezuela sia stato un tema di conversazione anche nel colloquio che venerdì Almagro ha avuto con Papa Francesco. E sempre il Venezuela è stato tema di molte domande nella conferenza che poco dopo ha tenuto a Roma, per la serie “Incontri con l’America Latina” organizzata dall’Istituto Italo Latino-Americano, Almanacco Latino-Americano e Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Al Foglio Almagro ha appunto ribadito che il documento aveva un tono tecnico e il fine di favorire il dialogo. Alle domande della stampa uruguayana sulla tempesta che la sua presa di posizione ha suscitato nel suo stesso schieramento politico ha risposto con un no comment: “Non è compito del segretario dell’Osa fare commenti sul dibattito politico interno di un paese membro”. No comment anche sugli insulti arrivati dal regime venezuelano, in cui per esempio il presidente dell’Assemblea Nazionale Diosdado Cabello ha definito l’Osa “istituzione pervertita e corrotta”.
Durante la conferenza romana, Almagro si è però concentrato sullo scenario di una regione, l’America latina, dove “per la prima volta il ceto medio è più numeroso dei poveri” e “la democrazia si è rafforzata”. Ma la crisi rischia di compromettere sia le conquiste sociali che quelle politiche, e la priorità dell’Osa oggi è la promozione di quello che Almagro ha definito “il tridente democrazia-diritti umani-trasparenza”.
[**Video_box_2**]Dunque invito al dialogo, ma tolleranza zero verso non si attiene alle regole della democrazia. “Nell’interesse di tutti: chi è al governo deve sempre pensare che può diventare opposizione a sua volta, e avere bisogno delle garanzie che ora reclamano i suoi avversari”, dice Almagro.
Tra i molti insulti, una rappresentanza dell’ambasciata venezuelana ha manifestato rispetto per la lettera di Almagro, ha convenuto sulla necessità del dialogo pur incolpando della sua carenza l’opposizione, e ha chiesto di comprendere “la situazione e la mentalità del Venezuela”. A fine incontro, il Foglio ha chiesto a Almagro a quattr’occhi: “Vuol dire che il governo di Caracas la smetterà di rispondere a insulti, e che ha deciso di collaborare alle richieste della sua lettera”. Risposta del segretario, con un sorriso complice: “Speriamo!”.