La Francia bombarda Raqqa, "capitale" dello Stato islamico
Gli aerei francesi hanno bombardato Raqqa, la “capitale” siriana dello Stato islamico, con almeno 20 strike, ha detto il ministero della Difesa francese: il presidente, François Hollande, dopo l’attacco di Parigi da parte dello Stato islamico aveva avvertito: “La reazione sarà impietosa”. Durante il G20 in Turchia – in cui c’è stato anche un incontro informale tra il presidente americano Barack Obama e il capo del Cremino Vladimir Putin – è stata decisa una maggiore collaborazione di intelligence tra francesi e americani, e il governo di Parigi ha voluto dare subito una dimostrazione del rinnovato impegno nella lotta allo Stato islamico. La Francia è l’unico paese europeo che ha allargato alla Siria le sue operazioni militari all’interno della coalizione internazionale: nelle ultime settimane c’erano stati alcuni strike operati da veicoli francesi.
Ma Raqqa è sempre stata relativamente poco attaccata dall’alto, anzi da molto tempo gli esperti si domandano il perché di tanta cautela. L’escalation dello Stato islamico dall’esplosione dell’aereo russo sul Sinai in poi (non è ancora dimostrato che sia stato il gruppo di al Baghdadi a colpire l’aereo, ma molti servizi di intelligence occidentali sono certi della sua responsabilità) ha imposto anche ai suoi avversari un cambio di passo. L’aviazione russa ha colpito Raqqa con uno strike violento pochi giorni dopo la caduta dell’aereo, gli Stati Uniti hanno fatto un blitz mirato per colpire Jihadi John, che era a Raqqa a trovare sua moglie (bazzicava molto per il “centro media” dello Stato islamico, da cui si organizza la propaganda e si gestiscono i rapporti con le cellule all’estero: forse fino all’ultimo suo giorno di vita, il giustiziere Jihadi John ha organizzato l’attentato di Parigi) ed è “quasi certamente” stato colpito.
[**Video_box_2**]Ora hanno iniziato i francesi, in ritorsione per l’attacco multiplo nella “città dell’abominio e della perversione” (il copyright è dello Stato islamico): Raqqa non è soltanto il simbolo e il centro del potere del gruppo di al Baghdadi. E’ anche il punto da cui può ripartire – e sperare di essere efficace – quella strategia della “distruzione” dello Stato islamico che Obama ha annunciato più di un anno fa (gli autori di Homeland l’avevano detto prima, e molto meglio di così).