Solidarietà dell'Ue e misure di sicurezza dure. Le ragioni dell'Hollande politico
Roma. Gli attentati del 13 novembre segnano una svolta politica nella presidenza di François Hollande. L’attacco risponde a una logica di guerra internazionale dello Stato islamico in cui la Francia è un bersaglio importante, ma interviene anche in un contesto nazionale particolare, quello delle elezioni amministrative che si terranno a dicembre. Si può persino ipotizzare che lo Stato islamico abbia voluto tentare un effetto paragonabile a quello di Madrid nel 2004, condizionando il voto, dal momento che ha spesso dichiarato di voler innescare una guerra civile in Francia.
Di fronte alle camere riunite in congresso lunedì, Hollande ha enunciato una serie di misure che rappresentano una svolta dal punto di vista interno ed esterno. Con il “pacchetto sicurezza” Hollande ha proposto una serie di provvedimenti (rafforzamento dei mezzi e dei poteri di polizia, crescita della spesa militare) che venivano richiesti da parecchio tempo sia dalla destra governativa sia dal Front national. Il presidente socialista si è anche spinto fino a chiedere la cancellazione della nazionalità francese per i “foreign fighters” con doppia cittadinanza, una riforma che appare al limite dell’ordinamento di tutela dei diritti sia in Francia che in Europa. Hollande vuole dare un senso di reazione forte e decisa in termini di sicurezza, parla alla pancia del paese per riassicurala – e questo sembra anche funzionare se si osservano i sondaggi sul consenso per misure che pure diminuiscono i diritti di tutela individuale. Soltanto la voce isolata di Jean-Luc Mélenchon, oppositore a sinistra dei socialisti, si è fatta sentire per denunciare il pericolo di tali misure per la democrazia.
Con questa mossa, Hollande mette le “républicains” di Sarkozy in grande imbarazzo. Da un lato non possono criticare misure che richiedevano da anni, dall’altro si ritrovano schiacciati fra l’Hollande capo di stato con piglio decisionista e il Front national di Marine Le Pen. Il presidente ha anche giocato una strategia di unità nazionale che include la Le Pen – consultando il Fn dopo gli attentati – e questo è un cambio radicale rispetto al momento “Charlie” di gennaio, quando la Le Pen fu tenuta a distanza. Si tratta di un modo intelligente per rispondere ai tentativi di spaccatura del paese messi in atto dai terroristi islamici, ma di fatto questa mossa riduce lo spazio politico della destra di opposizione governativa. Prima del 13/11 si profilava un scenario piuttosto favorevole al partito di Sarkozy per le elezioni amministrative di dicembre. La sinistra di governo era data allo sbando, mentre la destra sembra pronta a prendere numerose regioni, con però un Fn in grado di accedere al potere sia nel Nord Pas de Calais con Marine Le Pen ma anche nella Provence Alpes Côte d’Azur con Marion Maréchal Le Pen.
[**Video_box_2**]La svolta strategica di Hollande si percepisce anche sul fronte esterno. Il presidente archivia l’esclusione del regime di Assad per chiedere un’alleanza pragmatica con Russia e Stati Uniti nel combattere i terroristi (anche questa era una richiesta ricorrente del Fn e di Sarkozy). Poi Hollande ha per la prima volta chiesto l’attivazione della clausola 42.7 del Trattato sull’Unione europea che prevede l’assistenza dei paesi membri in caso di attacco, cogliendo così il sentimento di solidarietà delle varie capitali europee e cercare di canalizzarlo in un’iniziativa politica. La Francia si è spesso sentita sola dal suo intervento del 2012 in Mali in poi: oggi deve combattere su vari fronti (Mali, Centrafrica, Libano, Iraq e Siria) intensificando lo sforzo in Siria. Non ce la farà da sola. Ma l’accento messo sulla richiesta di sostengo all’Europa per la sicurezza e la difesa permette anche alla Francia di negoziare un allentamento delle regole di convergenza di budget, facendo saltare il Patto di stabilità e aumentando le spese previste.
Jean-Pierre Darnis è vicedirettore del Programma Sicurezza e Difesa dello Iai