Quei ministri e Nobel europei che scaricano su Israele la strage di Parigi
Roma. Se il jihad uccide i civili a Parigi lo si chiama “terrorismo”, se uccide civili israeliani a Tel Aviv, come è successo giovedì, diventa “militanza”. Se l’America elimina Osama bin Laden è “giustizia” annunciata in diretta tv, se Israele fa fuori lo sceicco Ahmed Yassin diventa “rappresaglia” di cui vergognarsi. Adesso siamo oltre questo odioso doppio standard, siamo a quello che il viceministro degli Esteri israeliano, Tzipi Hotovely, ha definito ieri “l’accusa del sangue”.
Il conflitto israelo-palestinese ovviamente non è legato all’ondata di stragi perpetrate dagli islamisti. Lo “Stato islamico” non dice d’aver attaccato il cuore di Parigi, di uccidere i cristiani o gli yazidi, per via dei palestinesi. Eppure già non si contano i ministri in Europa e i premi Nobel che hanno immediatamente collegato le stragi francesi alla “questione israelo-palestinese”, scaricando sugli ebrei parte della responsabilità. “Noi non siamo colpevoli per il terrorismo che ci colpisce, più di quanto il popolo di Parigi sia colpevole per gli attentati che ha subìto”, ha detto ieri il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Pertanto, ovviamente, rifiutiamo questa accusa. Ma ora siamo di fronte a una novità: non solo veniamo colpevolizzati per il terrorismo che subiamo. Ora siamo all’assurdo che veniamo incolpati anche per il terrorismo che colpisce i francesi”.
Intervistata dalla Svt2 sull’attacco terroristico a Parigi, la ministra degli Esteri della Svezia, Margot Wallström, ha detto che “per contrastare la radicalizzazione dobbiamo tornare alla situazione in medio oriente, dove i palestinesi vedono che non c’è futuro per loro e devono accettare una situazione disperata o ricorrere alla violenza”. Stesse parole usate da Jan Marinjissen, segretario del Partito socialista in Olanda, che parlando alla radio Npo ha detto che “il loro (dell’Isis, ndr) comportamento è connesso al conflitto israelo-palestinese”. L’ex ministro degli Esteri islandese, Jòn Baldvin Hannibalsson, ha chiesto di non pregare soltanto per i francesi vittime degli attentati, ma anche per i palestinesi: “Sì, preghiamo per Parigi, ma preghiamo anche per i palestinesi uccisi nei territori occupati”. L’ex ministro inglese John Prescott ha scritto sul Daily Mirror: “Bisogna trovare una pace duratura in tutto il medio oriente. Non possiamo lasciare che la piaga di malumori e cattivo sangue in Israele e nei territori palestinesi continui. Il miglior tributo a coloro che sono morti a Parigi non è quello di inviare truppe e droni in Siria. E’ di incanalare la rabbia per una soluzione pacifica duratura in tale area”.
L’ex presidente della Finlandia e premio Nobel per la Pace, Martii Ahtisaari, ha detto lo stesso: “L’Europa deve prestare attenzione alle ragioni della radicalizzazione. Avanzare il processo di pace in medio oriente è di fondamentale importanza. La questione di Israele e Palestina deve essere risolta”. Lo stesso da parte dell’ex ministro degli Esteri dell’Irlanda, Dermot Ahern, che ha scandito le origini della guerra dell’Isis: “Viene dalla destabilizzazione dell’intera regione per colpa della questione israelo-palestinese”. Lo ha detto anche l’ex presidente americano e Nobel per la Pace Jimmy Carter, ospite del Jon Stewart Show: “Una delle origini è il problema palestinese”.
[**Video_box_2**]Il più acido commento è di Dror Ben Yemini sul giornale israeliano Yedioth Ahronoth: “Beh, non dobbiamo ridere. E’ la stessa malattia ha colpito diverse parti del mondo libero negli anni Trenta”. Incolpare gli ebrei ogni volta che succede qualcosa di brutto. Questi dirigenti dell’Unione europea, compresi due Premi Nobel per la Pace, sono andati alla ricerca di una scusa da offrire ai terroristi di Parigi. Anche stavolta, a spese di Israele e degli ebrei.