Così i dati dimostrano che il terrorismo non c'entra niente con la povertà
Parigi. “La sinistra ha una grande responsabilità negli eventi drammatici che abbiamo vissuto. Da decenni, con un comportamento che sfiora il terrorismo intellettuale, ha impedito qualsiasi forma di dibattito sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione. Anche oggi l’argomento miserabile e derisorio della gauche resta: spianate la strada al Front national!”. Malika Sorel-Sutter, scrittrice e opinionista contrarian del dibattito intellettuale francese, ha appena pubblicato un saggio, “Décomposition française: comment en est-on arrivé là?” (Fayard), che ripristina alcune verità nascoste dall’ideologia goscista in questi giorni di dibattiti sull’immigrazione, l’integrazione e il terrorismo islamico. A partire dalla più importante: il terrorismo è ideologia, non povertà.
L’ennesima conferma è arrivata oggi da un articolo del Wall Street Journal, che ha riportato la storia di Mohammad Dalaeen, ventitreenne figlio dell’élite giordana (il padre è un noto parlamentare in Giordania), studente di medicina brillante, ma che alla carriera accademica ha preferito il jihad, attratto dall’ideologia dello Stato islamico. Il saggio di Surel-Sutter si presenta anch’esso come risposta alla Premiata Ditta Papa Francesco & Piketty, secondo cui “la violenza e il terrorismo nascono dalla povertà”, le diseguaglianze sarebbero la causa principale delle efferatezze jihadiste commesse da giovani smarriti, e basterebbe aumentare la spesa sociale per aver qualche islamista in meno. Riportando i numeri dell’Uclat (l’Unité de coordination de la lutte anti-terroriste), organo incaricato di analizzare quotidianamente le informazioni relative al terrorismo in collaborazione con l’intelligence francese, Sorel-Sutter sbugiarda i teorici del “terrorismo disagiato”: “Sulla base delle persone segnalate, l’Uclat rivela che il 67 per cento dei giovani candidati al jihad provengono dalla classe media, e addirittura il 17 per cento dalle classi socio-professionali superiori (in Francia vengono identificate con la sigla Csp+, e raggruppano appunto i ceti più abbienti della società). L’Uclat dunque fa luce sulla mostruosità delle accuse mosse contro i francesi da più di trent’anni, operazione che non ha mai smesso di fomentare il risentimento contro la Francia”.
Sorel-Sutter conosce bene la materia. Figlia dell’immigrazione araba (è nata in Francia da genitori algerini), da esperta di politiche familiari, politiche migratorie, educazione e formazione delle giovani generazioni figlie del “regroupement familial”, ha lavorato dal 2009 al 2012 all’Haut Conseil à l’Integration, organo creato nel 1989 dall’allora premier socialista Michel Rocard al fine di elaborare annualmente un rapporto, accompagnato da pareri consultativi, sull’“integrazione dei residenti stranieri o di origine straniera”. Era stata nominata da Sarkozy, Sorel-Sutter, era apprezzata da molti ambienti per i suoi lavori accademici sull’immigrazione (“Le Puzzle de l'intégration: Les pièces qui vous manquent” e “Immigration, Intégration: Le langage de vérité” figurano in Francia in cima alla lista dei migliori saggi sulla questione dell’immigrazione e dell’integrazione). Ma nel 2012, François Hollande, pochi mesi dopo la sua elezione all’Eliseo, ha deciso che lei come tutti i membri dell’Haut Conseil à l’Intégration non servivano più alla Francia a guida socialista, che i tempi per proferire certe verità scomode erano finiti.
[**Video_box_2**]All’Alto consiglio dell’integrazione sfornavano rapporti che sfatavano il mito del multiculturalismo riuscito, rapporti senza il filtro del politicamente corretto, in distonia con la retorica multiculti che doveva caratterizzare il quinquennio. Ma da un giorno all’altro il presidente ha dissolto l’organo che un primo ministro del suo campo politico, il socialista Rocard, aveva appositamente creato. Hollande, oggi commander-in-chief nella nuova guerra al terrore, è anche emblema di quella gauche “egemonica”, “settaria” e “irresponsabile nel trattare l’immigrazione”, denuncia Sorel-Sutter, incapace di vedere la realtà.