“L'Europa riconosca che è in atto un genocidio contro i cristiani”
Roma. Il Parlamento europeo dovrebbe al più presto riconoscere che “il gruppo terroristico Stato islamico sta compiendo un genocidio contro i cristiani e le altre minoranze” nel vicino oriente. E’ quanto chiede un gruppo di eurodeputati popolari svedesi, guidati da Lars Adaktusson che sul quotidiano Svenska Dagbladet ha scritto un editoriale in cui sottolinea come sia “evidente” che il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi e della sua corte di jihadisti “voglia eliminare tutti i cristiani dal territorio che ha conquistato tra l’Iraq e la Siria”. Adaktusson ricorda quanto accaduto tra Mosul e Aleppo nell’ultimo anno e mezzo, dagli editti ultimativi con i quali si chiedeva ai non musulmani di convertirsi, pagare la tassa o di andarsene, fino alle “N” di nazareno con cui si sono marchiate le case dei cristiani. Per scaldare la platea di Bruxelles, l’eurodeputato cita le chiese della piana di Ninive saccheggiate e profanate, i campanili abbattuti, le statue di santi e madonne fatte a pezzi: “Per la prima volta in 1700 anni, le campane non hanno suonato”. E’ un problema di fede, certo, ma anche “d’eredità culturale”.
E’ quanto da tempo, dopotutto, urlano le gerarchie episcopali di quella regione martoriata, dal patriarca caldeo di Baghdad, mar Louis Raphaël I Sako, al vescovo curdo di Erbil, Bashar Warda. Uniti fino al punto da invocare i “boots on the ground”, gli stivali militari sul terreno, per sradicare il cancro islamista. Le possibilità che la risoluzione passi sono poche, fanno sapere al Foglio dagli uffici di Bruxelles. I precedenti (almeno tre, fra cui una proposta sulla cristianofobia in Europa e una sul rapimento di cristiani in Siria) parlano chiaro: testi approdati a un nulla di fatto. Compresa la risoluzione sui cristiani martirizzati e depredati dei propri beni in Iraq. Quel che però va notato, si sottolinea, è che stavolta dietro la bozza c’è il Partito popolare, elemento che potrebbe preconizzare un destino diverso per l’iniziativa di Adaktusson. Non è passato inosservato, poi, il fatto che a parlare esplicitamente di “genocidio di cristiani” siano deputati provenienti dalla Svezia, paese che quotidianamente è chiamato a fare i conti con le sfide dell’integrazione di musulmani nel proprio tessuto sociale e che ha in Goteborg la maggiore fucina di potenziali miliziani del cosiddetto Daesh: secondo diverse stime, almeno 150 suoi abitanti si sarebbero uniti, negli ultimi due anni, all’esercito califfale. “Una città di mezzo milione di cittadini ha fornito più combattenti all’Isis che tutti gli Stati Uniti”, notava l’esperto di terrorismo Magnus Ranstrop. Entro la fine della settimana si capirà se la bozza avrà un futuro.
[**Video_box_2**]Ma anche oltreoceano si chiede con forza di riconoscere che quello che è in atto tra Iraq e Siria è un genocidio. Ne è una prova quanto ha fatto la diocesi greco-ortodossa di Chicago, che ha già messo per iscritto il testo di una bozza di risoluzione da inviare alle Nazioni Unite, considerata anche “la paralisi che ha attanagliato i governi occidentali”. Il testo è breve e s’appella alla “responsabilità di proteggere”, il principio sviluppato da Benedetto XVI davanti all’Assemblea generale dell’Onu nel 2008: se uno stato non è in grado di proteggere i propri cittadini da forme di terrorismo, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire. Il vescovo Demetrios, presentando il documento, ha chiesto che anche cattolici e protestanti preparino simili risoluzioni. E’ l’ecumenismo del sangue di cui più volte ha parlato Papa Francesco. “Insieme – chiosava Demetrios – possiamo fare qualcosa di positivo per aiutare a proteggere i cristiani in tutto il medio oriente, cercando di porre fine a questo sanguinoso conflitto”.
L'editoriale dell'elefantino