L'incubo americano
Roma. “Senza conoscere ancora i fatti di San Bernardino, sappiamo che ci sono jihadisti cresciuti in casa e che ci sono eventi ispirati dall’Isis”, ha detto ieri lo speaker della Camera, Paul Ryan, sintetizzando la più grande sfida che la sicurezza americana abbia oggi di fronte: nel 2015 sono stati compiuti 56 operazioni di antiterrorismo, il numero più alto dall’11 settembre.
Sebbene non sia ancora stato chiarito il motivo del massacro di San Bernardino, sembra profilarsi un’altra strage islamista. Syed Rizwan Farook, trentenne devoto musulmano di origini pachistane, e la moglie saudita Tashfeen Malik, hanno scaricato i loro fucili semiautomatici sui dipendenti di un centro disabili in California, uccidendo 14 persone durante una festa di Natale. Farook, che un anno fa aveva compiuto un viaggio in Arabia Saudita, era un cittadino americano e lavorava come ispettore al Dipartimento sanitario della contea. Guadagnava settantamila dollari all’anno. Un anno fa aveva portato con sé la moglie da Riad. Testimoni dicono che pregassero durante la strage. “Homegrown” è la parola-incubo dell’America, l’equivalente del “kamikaze made in Europe”. Dopo l’11 settembre, infatti, l’America è stata colpita quasi esclusivamente dal terrorismo interno. Fino all’attentato delle Torri gemelle, i terroristi islamici erano cittadini stranieri entrati con visto turistico o commerciale. Oggi, sono tutti cittadini americani. Si inizia con Naveed Haq, che nel 2006 uccise una persona alla Federazione ebraica di Seattle. Nel 2009, Abdulakim Mujahid Muhammad uccise un soldato a Little Rock. Poi c’è la strage di Fort Hood compiuta dallo psichiatra dei marines, Nidal Malik Hasan. Nel 2010, a Times Square, Faisal Shahzad stava per compiere una strage.
Alla maratona di Boston, con tre morti e 260 feriti, hanno colpito i fratelli Tamerlan e Dzhokhar Tsarnaev, naturalizzati americani. Era americano Ali Muhammad Brown, che nel 2014 ha ucciso tre persone negli stati di Washington e New Jersey. Lo scorso maggio, tre cittadini americani (Elton Simpson, Nadir Soofi e Abdul Kareem) sono morti durante l’assalto a un convegno sulle vignette di Maometto a Garland, in Texas. Laurea in Ingegneria, il padre impiegato del dipartimento Opere pubbliche, la sorella insegnante alla scuola elementare, Mohammad Youssuf Abdulazeez la scorsa primavera ha ucciso quattro marines in un centro di reclutamento a Chattanooga, in Tennessee.
Molti dei terroristi americani erano benestanti e musulmani perfettamente integrati. Shahzad, l’attentatore di Times Square, aveva una casa da 273 mila dollari e un padre alto ufficiale dell’esercito di Islamabad. E’ in questo ambiente che sta reclutando lo Stato islamico. Uno studio del Center on National Security della Fordham University rivela che l’80 per cento dei terroristi arrestati in America perché legati all’Isis erano cittadini degli Stati Uniti.
Un altro studio, della George Washington University, dal titolo “L’Isis in America: dai tweet a Raqqa”, aggiunge che addirittura il 40 per cento sono convertiti all’islam. Come Elton Simpson, l’attentatore del convegno sulle vignette, un convertito all’islam. Come Douglas McCain, originario di Chicago, il cui passaporto è stato trovato ad Aleppo, in Siria, dopo il “martirio”. L’America non è una eccezione, se non nella proporzione: secondo uno studio del Soufan Group, un “foreign fighter” su cinque che dall’Europa è partito per la Siria è convertito all’islam (in totale sono quattromila). E’ un convertito anche una delle menti del massacro di Parigi dello scorso 13 novembre, Fabien Clain, la voce che ha rivendicato le stragi.
[**Video_box_2**]Come nel caso degli attacchi post 11 settembre, dei 64 terroristi legati a operazioni dell’Isis, 58 sono cittadini americani e 6 residenti. Oggi sono 250 i cittadini americani che hanno comprato un biglietto di sola andata per il Califfato in Siria.
Se l’Europa ha il fronte interno a St. Denis e Molenbeek, rispettivamente a Parigi e a Bruxelles, l’America ha i caseggiati della provincia sperduta, ordinata, silenziosa. E’ qui che si è annidato l’“homegrown jihad”.
L'editoriale dell'elefantino