Che cosa c'è dietro l'attentato dello Stato islamico in Yemen
Domenica mattina il governatore della provincia di Aden, in Yemen, è stato ucciso da un’autobomba guidata da un attentatore suicida dello Stato islamico. Assieme al governatore, Jafar Mohammed Saad, sono morti almeno sei dei suoi collaboratori. Nel giro di un’ora lo Stato islamico della provincia di Aden Abyan (vedi logo) ha rivendicato l’attacco con un messaggio. La città principale nel sud dello Yemen è tornata quattro mesi fa sotto il controllo del fronte guidato dal presidente Abd Rabbu Mansour Hadi e dai suoi sponsor arabi, Emirati arabi uniti e Arabia saudita in testa. Il fronte si oppone agli Houthi filoiraniani in un conflitto che è scoppiato a marzo e che ha fatto non meno di cinquemila morti.
Uno degli attentatori del 6 ottobre
Il gruppo guidato da Abu Bakr al Baghdadi ha per ora una forza assolutamente marginale in Yemen, ma come in altri teatri di guerra – per esempio la Libia – si è ritagliato il ruolo di terzo incomodo e compensa il numero esiguo dei suoi combattenti con attentati contro i civili (vedi la serie di stragi nelle moschee cominciata a marzo) e con esecuzioni che diventano il messaggio più importante dei video di propaganda. Il 6 ottobre lo Stato islamico ha attaccato con quattro autobomba l’hotel al Qasr di Aden, dove si è installato il governo provvisorio di Hadi – protetto da militari di paesi del Golfo arabo – e ha ucciso 11 persone, inclusi quattro soldati degli Emirati arabi uniti. Il gruppo jihadista ha messo su Internet il video dell’attacco il 4 dicembre (vedi foto) e ha spiegato che non considera differenti gli yemeniti appoggiati dai sauditi e gli Houthi appoggiati dall’Iran: sono tutti bersagli da colpire, anche se si fanno la guerra tra loro.
Il manifesto dell'ultimo video fatto dalla provincia di Aden Abyan, che mostra gli emiri del Golfo come bersagli
Nota: con questo attentato lo Stato islamico prova ancora una volta di avere una linea molto aggressiva contro gli interessi sauditi nello Yemen del sud, perché considera i reggenti sauditi, i Saud, e i loro alleati del Golfo come traditori della fede da sconfiggere e uccidere (vedi manifesto dell'ultimo video). Il gruppo terrorista ha dei punti in comune con l’ideologia professata in Arabia saudita, ma non è una pedina controllata e finanziata dal governo di Riad come talvolta si sostiene per approssimazione.
L'editoriale dell'elefantino