La strana storia di Libération, accusato di razzismo e di sessismo
Parigi. Leggi l'Obs e non ci credi: "Libération accusato di razzismo e di sessismo in seguito a un articolo su una donna velata". Ma no dai, si saranno sicuramente sbagliati, volevano scrivere "Valeurs Actuelles", "Minute", o al massimo "Le Figaro", mica Libération. E invece no, tutto vero. Per questo articolo, "La femme voilée dans le métro", l'editorialista Luc Le Vaillant è in questo momento il bersaglio principale di intere redazioni di Francia, dei lettori del quotidiano progressista parigino e dei social network. Che da ieri, giorno in cui è stato pubblicata la "chronique", non smettono di ricoprirlo di insulti e di chiedere spiegazioni alla direzione di Libération sul perché un articolo che parla di donne velate e di islam con un taglio critico sia uscito dal quotidiano più pol. corr. di Francia. Le Vaillant racconta con toni insieme provocatori e ironici il malessere che lo assale nel vedere una donna velata nella metro, immaginando un incontro con questa ipotetica donna durante un viaggio in un ramo della linea 4. La prosa, letteraria e carica di metafore ampollose, è stata presentata, con la speranza di calmare gli animi, come una "recensione delle paure reali o immaginarie e delle repulsioni laiche scatenate da una passeggera in abaya dopo gli attentati".
Ma non c'è stato niente da fare. Luc Le Vaillant ha varcato la linea della bienpensance, il desiderio di gettare nel tritacarne mediatico il suo esercizio di stile ha avuto la meglio e così il tiro a bersaglio contro l'"islamofobo" ha invaso i social network. Su Twitter, c'è chi ha annunciato di aver disdetto il suo abbonamento a Libé, c'è chi ha invitato a votare il "passaggio razzista preferito della cronaca crassa di Luc Le Vaillant" e c'è chi, come tale Marwan Muhammad, ha invocato un rassemblement degli indignati anti Libération: "Se anche tu sei scioccato dal fatto che Libé ospiti dei discorsi sessisti, razzisti e islamofobi nella sua redazione diglielo con l'hashtag #Libéracisme", ha tuittato. E #Libéracisme, fino a ieri sera, era in cima ai trending topics francesi. Anche gli altri giornali non hanno risparmiato il dérapage di Libération. Dal Monde a Inrocks, dall'Obs a Médiapart è tutto un indignarsi e puntare il dito con toni inquisitori contro l'editorialista di Libé. "Indigestione generale", scrive il Monde per dare la notizia; "Malessere a Libération" rilancia Inrocks, e Mediapart di Edwy Plenel sforna addirittura tre articoli a riguardo: il primo per riflettere sul "sessismo" di Luc Le Vaillant; il secondo per dare spazio a una giornalista che si immedesima in una donna velata e dice all'editorialista di Libé di "non avere paura di lei"; il terzo per rispondere alla "cronaca disgustosa" di Luc Le Vaillant.
[**Video_box_2**]Ma l'affaire sta generando reazioni isteriche anche all'interno della redazione di Libération. Ieri, la società dei giornalisti e del personale del quotidiano ha diffuso un comunicato per annunciare che la "chronique" rispettava esclusivamente l'opinione di Le Vaillant e che la maggior parte dei colleghi era in totale disaccordo con "il contenuto dell'articolo che non riflette ai loro occhi i valori del giornale e le loro convinzioni personali". Anche il direttore, Laurent Joffrin, si è sentito in dovere dare spiegazioni e chiedendo scusa ai lettori ha ammesso che in effetti Le Vaillant avrebbe dovuto avere "maggiore precauzione" nella stesura del pezzo. Quella di Libé è la storia di un arroseur arrosée, di un innaffiatore innaffiato, che da dieci anni distribuisce senza sosta etichette di "infrequentabilità", stila liste di proscrizione contro i cosiddetti "malpensanti" di Francia, vede "islamofobi", "sessisti" e "razzisti" dappertutto. Ora il presunto l'"islamofobo-sessista-razzista", pare ce l'abbia in casa. E mica uno qualunque. Luc Le Vaillant non è un neofita a Libération, ma uno dei pilastri del quotidiano progressista. Vincitore del prestigioso prix Albert-Londres per la stampa nel 1998, Le Vaillant è entrato a Libération nel 1990 nella redazione sportiva, per poi passare cinque anni dopo nella sezione "Portrait", famosissima per i suoi ritratti patinati delle personalità più progressiste e branché di Francia. Libération: da principale distributore di accuse di "islamofobia", a nemico pubblico accusato di "islamofobia".