Europroposta, cedete sovranità e vi diamo gli euroguardacoste
Bruxelles. Fare con la crisi dei rifugiati ciò che è stato fatto con la crisi dell’euro, dotando un’area Schengen sempre più traballante di una sorta di Patto di Stabilità delle frontiere rafforzato: è questa la strategia che ha in mente la Commissione europea, nel momento in cui si appresta a svelare la proposta di istituire un corpo di guardia-frontiere e guardia-coste europeo. L’esatto contenuto sarà svelato solo martedì 15 dicembre, quando il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, presenterà davanti all’Europarlamento un nuovo pacchetto di misure — il terzo dall’inizio dell’anno — per fronteggiare la più grave ondata di rifugiati che l’Europa abbia conosciuto dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La data non è scelta a caso: due giorni dopo, il 17 dicembre, i capi di Stato e di governo in un Vertice a Bruxelles per cercare per l’ennesima volta di sbrogliare la matassa dei migranti. La speranza di Juncker è che gli Stati membri siano pronti a una cessione massiccia di sovranità per salvare l’Europa senza frontiere di Schengen dai conflitti e dai muri che sono emersi con l’arrivo di oltre un milione di migranti dall’inizio dell’anno.
L’ondata non è destinata a defluire: nel 2016 si attendono almeno 1,5 milioni di persone, secondo alcune stime della Commissione. Gli sbarchi sulle isole greche proseguono, malgrado le condizioni del mare sfavorevoli. L’accordo con la Turchia per limitare le partenze dei rifugiati siriani traballa, innanzitutto per le divergenze tra gli europei su chi debba versare i 3 miliardi promessi a Recep Tayyip Erdogan. La ridistribuzione di 160 mila richiedenti asilo da Italia e Grecia verso altri paesi Ue è al palo per la poca solidarietà nordica e le molte disfunzionalità mediterranee. Germania, Austria e Svezia continuano a mantenere i controlli alle frontiere e potrebbero invocare una deroga della durata di due anni. L’Olanda, che dal 1o gennaio avrà la presidenza di turno dell’Ue, spinge per una mini-Schengen limitata ai paesi del Nord. A 30 anni dalla sua nascita, l’Europa senza frontiere che era stata sottoscritta nel piccolo villaggio lussemburghese di Schengen è “in stato comatoso”, come ha riconosciuto lo stesso Juncker. Ma difficilmente un corpo di guardia-frontiere europeo, sempre che il trasferimento di sovranità ottenga il consenso degli Stati membri, basterà per rianimare Schengen. “Dovrà rispettare il diritto europeo e il diritto del mare”, spiega una fonte europea. In altre parole, non potrà effettuare respingimenti, ma prestare soccorso alle imbarcazioni in difficoltà, limitando l’effetto dissuasivo nei confronti dei migranti.
Il rafforzamento del Patto di Stabilità delle frontiere inizia con una riforma di Frontex, che dovrebbe essere ribattezzata “Agenzia europea delle frontiere” e dotata di nuovi poteri per esercitare attività di polizia nazionale e rimpatriare autonomamente i migranti irregolari. I guardia-frontiera dovrebbero essere forniti dagli Stati membri: dai mille ai duemila uomini stazionati nei rispettivi paesi, ma pronti a intervenire in pochi giorni in caso di necessità. Ma è il meccanismo di intervento che farà discutere: in caso di “carenze gravi nello svolgimento del controllo alle frontiere esterne” la nuova Frontex invierà una missione di analisi del rischio e farà rapporto alla Commissione, che potrà intimare allo Stato membro di porvi rimedio. Altrimenti la stessa Commissione chiederà ai 28 Stati membri di inviare un contingente di guardia-frontiera per sostituirsi alle autorità nazionali. Il dispiegamento della Troika delle frontiere sarà approvato, a meno che una maggioranza qualificata di Stati membri bocci la proposta della Commissione.
[**Video_box_2**]Francia e Germania ci stanno
Il modello scelto da Juncker è quello della riforma del Patto di Stabilità, che prevede la “maggioranza qualificata inversa” per bloccare sanzioni finanziarie nei confronti dei paesi che violano ripetutamente le regole della zona euro. L’idea dei guardia-frontiera europei è sostenuta da Germania e Francia. Ma l’accoglienza rischia di essere fredda in altre capitali capitali. La Grecia ha accettato di chiedere l’assistenza di Frontex alla frontiera con la Macedonia e l’intervento di squadre di intervento rapido per pattugliare il Mare Egeo solo dopo la minaccia di essere sospesa da Schengen. I governi nazionalisti dei paesi dell’Est (Polonia e Ungheria), che non sono al riparo dal rischio di una crisi di rifugiati dall’Ucraina, potrebbero obiettare. Anche in Italia e Spagna una Troika delle frontiere farebbe discutere.
La Commissione insiste sulla necessità di un approccio globale alla crisi dei migranti. Nel pacchetto del 15 dicembre ci sarà anche l’istituzione di un “titolo europeo di viaggio” per facilitare i rimpatri verso i paesi d’origine. La Commissione aggiornerà il manuale per la gestione del sistema di sorveglianza dei confini. E metterà sul tavolo dei governi una programma volontario di reinsediamento per andare a prendere i rifugiati siriani direttamente in Turchia, senza passare dall’Egeo e dalla rotta dei Balcani. A subire le conseguenze del patto con Erdogan rischiano di essere essere Italia e Grecia: il numero di siriani accettati dai singoli paesi potrebbe essere sottratto dalle quote nazionali del programma di ricollocazione dei 160 mila. La “rilocation” del resto non funziona. Finora solo 160 richiedenti asilo sono stati trasferiti da Italia e Grecia. Ci sono 3.800 posti, ma l’Italia è a corto di rifugiati che possono beneficiare della ricollocazione: da aprile a ottobre, solo 630 siriani, iracheni e eritrei hanno chiesto asilo.