I dettagli sulla coppia jihadista esaltano il partito del “non sto con Trump, ma”
New York. Se esiste un partito del “non sto con Trump, eppure” la sua guida è Rupert Murdoch, il magnate che entra nella famosa pancia dell’America repubblicana attraverso Fox News. Dopo che con una dichiarazione memorabile per debolezza logica e incuria grammaticale Donald Trump ha proposto la chiusura delle frontiere per i musulmani (al confronto l’idea di “chiudere internet”, secondo pilastro del vasto programma per la sicurezza, è quella ragionevole) Murdoch ha usato Twitter per sollevare una questione: “Trump sta esagerando? A prescindere da questo, il pubblico è ossessionato dai pericoli dei musulmani radicali. Interrompere il flusso dei rifugiati per sistemare il processo di controllo ha senso”. Quando gli si è abbattuta addosso la tempesta di accuse di essere dalla parte di Trump dopo che in solido tutti i candidati repubblicani e pure l’Amministrazione precedente lo avevano malamente disconosciuto, lui ha corretto il tiro: “NON sto dando l’endorsement a Trump, ma sono in favore di un voto del Congresso per una pausa immediata che favorisca la revisione del processo di vetting”. Così Murdoch si è smarcato dalla “routine del ciarlatano” (copyright Casa Bianca) ma facendo capire che non tutto ciò che esce dalla bocca dal ciuffo più finto d’America è necessariamente clownesco. Murdoch non è un tifoso naturale di Trump. Fox si è scontrata con il candidato in modo veemente per via della raffica di offese sparata contro Megyn Kelly e sulla deportazione di tutti i messicani per poi far rientrare negli Stati Uniti “solo quelli buoni” – prima del bando ai musulmani era questo il benchmark dell’idiozia trumpiana in fatto di immigrazione – aveva replicato che “il tasso di criminalità fra gli immigrati messicani è più basso che fra i locali. Trump ha torto”.
Lo Squalo, però, è un grande conoscitore delle acque repubblicane, e sulla questione dei musulmani rinfocolata dal 13 novembre e poi dalla strage di San Bernardino sembra voler offrire la versione potabile dell’argomento trumpiano che il pubblico reclama. Lo fa parlando soltanto di una “pausa” nei flussi per migliorare i controlli, un provvedimento che la Camera dei deputati ha già votato, anche se la misura non passerà al Senato. Il volto ragionevole dell’argomento di Trump è reso più credibile dai dettagli che si stanno chiarendo sugli attentatori della California. Il direttore dell’Fbi, James Comey, ha detto che Syed Rizwan Farook e Tashfeen Malik discutevano online di jihad e martirio, prima ancora di essere fidanzati e poi sposati. Altre fonti governative dicono che Farook già dal 2011 aveva in testa l’idea di un attacco. La loro relazione è cominciata sotto il segno del radicalismo islamico, l’attrazione per il jihad non è venuta più tardi. Quello che è venuto dopo è l’ingresso di lei negli Stati Uniti, con un visto da fidanzata ottenuto legalmente e dopo il passaggio dei relativi controlli, e poi il matrimonio in America, celebrato nel 2014, fino alla strage in cui sono morte 14 persone. Un massacro accuratamente pianificato ed eseguito, benedetto dal giuramento ad al Baghdadi prestato via Facebook e finanziato con un versamento di 28 mila dollari arrivato sul conto di Farook attraverso un sistema di scambio peer to peer qualche settimana prima.
[**Video_box_2**]Tutto è successo sotto gli occhi delle autorità, che non hanno trovato precedenti penali o elementi di sospetto, ma la prospettiva del jihad stava prendendo forma nelle loro menti. Sono dettagli del genere a dare forza propulsiva agli argomenti di Trump, che è un maestro della boutade e dell’eccesso, ma non è un turista della campagna elettorale. Forse anche lui sa di avere bisogno di una versione presentabile di se stesso che lavora mentre alza i toni fino al parossismo, il partito del “non sto con Trump, eppure”, quel partito che sul Wall Street Journal di Murdoch scriveva che se Trump ha tutto questo spazio di manovra per dare risalto alle sue follie è per via del vuoto di argomentazioni lasciato da Obama.