Boots italiani in Iraq
Roma. L’Italia manda 450 militari nell’area di Mosul, una delle zone dell’Iraq più importanti per la guerra allo Stato islamico. “Siamo in Iraq per l’addestramento ma anche con un’operazione importante per la diga di Mosul” ha detto ieri il premier Matteo Renzi: “Una azienda di Cesena ha vinto la gara per la ricostruzione e l’Italia invierà 450 uomini insieme agli americani per la sua difesa. Si trova in un’area molto pericolosa al confine con lo Stato islamico, è seriamente danneggiata e se crollasse Baghdad sarebbe distrutta”. L’area dove andranno i soldati italiani ha un coefficiente di pericolosità variabile. Mosul è la capitale irachena dello Stato islamico ed è anche l’area dove il capo Abu Bakr al Baghdadi fu comandante militare negli anni prima del 2010, prima di diventare capo di tutto il gruppo. E’ una zona violenta fin dal 2004, ed è stata l’ultima a essere stabilizzata dal governo iracheno assieme ai soldati americani prima del periodo di relativa tranquillità goduto tra il 2008 e il 2012. Però in questo momento Mosul è circondata dal cordone militare dei curdi, che sbarrano ogni strada. In definitiva: lo Stato islamico è vicino, ma c’è un confine netto difficile da varcare.
La diga è un’opera grandiosa voluta trent’anni fa dal rais Saddam Hussein come infrastruttura che proiettasse il potere del regime sul paese. Quando all’inizio di agosto dello scorso anno lo Stato islamico la conquistò, alcuni esperti parlarono del rischio della sua distruzione per dolo o per mancanza di manutenzione – in ogni caso il risultato sarebbe in potenza un’onda d’acqua alta abbastanza per minacciare le città a valle (ma prima Mosul, in mano allo Stato islamico). Poi i curdi l’hanno ripresa, anche grazie ai raid aerei americani. Mosul è l’obiettivo finale della campagna militare di terra contro lo Stato islamico, ma è ancora molto lontana. Per ora si combatte a Ramadi, molto più a sud, dove ieri sono morti 65 soldati iracheni colpiti da dodici attacchi suicidi.