La roulette russa di Renzi
Roma. Ieri il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha tentato di ristabilire un po’ d’ordine nell’agenda del vertice dei capi di governo dell’Unione europea che si terrà oggi e domani a Bruxelles. I temi principali saranno la gestione della crisi migratoria, con la proposta di una guardia di frontiera alle dirette dipendenze dell’esecutivo europeo, e l’approfondimento dell’area economica e monetaria. Juncker ha lasciato ai margini, perlomeno pubblicamente, le discussioni sulle relazioni con Regno Unito e Russia. Tuttavia è indubbio che alla vigilia sia stato proprio il capitolo “varie ed eventuali” ad agitare di più le cancellerie. Magari strumentalmente, come sibila qualcuno da Berlino alla volta di Roma e del suo atteggiamento giudicato troppo filorusso.
Ieri anche Matteo Renzi, in Parlamento, si è dilungato soprattutto sull’agenda ufficiale del vertice. Ha usato toni dialettici nei confronti di Bruxelles. “L’Ue è a un bivio – ha detto – Abbia la forza di comprendere che bisogna dare una risposta che vada oltre il trimestre dopo trimestre, il day by day”. Alludendo al giudizio sospeso della Commissione sulla manovra italiana in deficit, ha criticato l’Europa che si riduce a “luogo dove discutiamo dello zero virgola”. Stesso atteggiamento sull’immigrazione: noi manteniamo gli impegni, ha detto il presidente del Consiglio, “ma l’Europa sta facendo altrettanto?”. Dopo quello di Lampedusa, oggi aprirà il secondo hotspot a Taranto per accogliere e identificare gli immigrati; intanto però Bruxelles ha avviato una procedura d’infrazione per la presunta incapacità del nostro paese nel registrare le impronte digitali di tutti i richiedenti asilo. Al Viminale sapevano di essere sotto osservazione da mesi, ma – secondo la ricostruzione del Foglio – non si aspettavano una sanzione ufficiale proprio in questi giorni di ripensamento dopo gli attentati del 13 novembre.
In Germania, adesso, c’è chi lega tali recriminazioni di Palazzo Chigi sui dossier di politica economica e immigrazione alle recenti uscite dello stesso esecutivo sui rapporti con Mosca. Ieri mattina, stavolta in radio, Renzi era intervenuto di nuovo sul punto: “Io penso che si andrà a rivedere il pacchetto delle sanzioni alla Russia. Siamo in grado di discuterne, non nelle prossime ore ma nei prossimi mesi. E’ importante perché riportare Mosca al tavolo è fondamentale”. Berlino giudica criticamente la rottura di un fronte unito e compatto dell’Europa rispetto a Vladimir Putin. Ieri l’ambasciatrice tedesca a Roma, Susanne Wasum-Rainer, aveva detto al Foglio: “Avremmo auspicato che gli accordi presi dopo lunghe discussioni venissero rispettati”. Stefan Meister, responsabile del programma Europa orientale e Russia del think tank Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (Dgap), vicino al ministero degli Esteri del governo Merkel, aggiunge ora: “Renzi alla fine si allineerà sulle sanzioni. Vuole però utilizzare il dibattito sulle stesse come merce di scambio per raggiungere altri obiettivi”.
I rappresentanti italiani mercoledì 9 dicembre hanno sorpreso gli altri diplomatici europei con la richiesta di un confronto “a livello politico” sulle sanzioni economiche a Mosca, quelle comminate dall’Ue nell’estate del 2014. nel momento più teso della crisi ucraina. Ora il presidente del Consiglio offre piena copertura politica alla Farnesina. Allo stesso tempo però Renzi nelle ultime 48 ore ha confermato che Roma si allineerà entro domani confermando il “sì” al rinnovo delle sanzioni e rinviando la discussione nel merito ai “prossimi mesi”. Un passo indietro repentino?
“Lo strappo di Renzi sulle sanzioni non è strategico. E’ utile per rafforzare la propria posizione nelle trattative con l’Ue sui problemi italiani di finanza pubblica – dice al Foglio Meister – La prova è che alla fine Roma sosterrà la continuazione delle sanzioni”. Lo studioso non nega “un interesse radicato nell’establishment” politico ed economico italiano a mantenere buone relazioni con la Russia, ma ritiene che oggi “la priorità geopolitica” per Roma sia “il quadrante meridionale e in particolare la Libia”. Come spiega allora le ricostruzioni di una possibile contrapposizione italiana all’esecutivo Merkel che continua a fare affari con Mosca (vedi il raddoppio del gasdotto Nord Stream 2) mentre ufficialmente guida il fronte europeo degli anti Putin? D’altronde una contrarietà alla nuova pipeline russo-tedesca è stata sollevata in queste ore anche da paesi dell’Europa centrorientale, e prim’ancora dagli Stati Uniti. Meister sostiene che “non esiste alcuna Ostpolitik 2.0” di Berlino, nessuna interlocuzione privilegiata – anche economica – con Mosca. “Basti notare che non c’è consenso nell’élite politica tedesca a favore del Nord Stream 2. E’ noto che la cancelliera Merkel non sia felice del progetto”, spinto invece dai socialdemocratici. Inoltre “un mercato globale del gas molto più concorrenziale e flessibile accrescerà la forza contrattuale delle società europee rispetto a Gazprom”. Rimane un problema di fondo nei rapporti con la Russia: “La debolezza delle istituzioni europee e le posizioni di appeasement all’italiana fanno sì che sulle spalle di Berlino si concentri la gestione di troppe crisi internazionali. Dalla Grecia alla Siria, passando per l’Ucraina. Così ci perdiamo tutti al cospetto di Putin”, conclude Meister.