Gas e “strategia sunnita” dietro al disgelo tra Turchia e Israele
Roma. Giovedì funzionari israeliani hanno annunciato che Israele e Turchia hanno raggiunto un accordo preliminare per ripristinare le relazioni diplomatiche, interrotte da cinque anni. Ankara e Gerusalemme tagliarono i rapporti nel 2010, dopo che un gruppo di commando della marina israeliana bloccò una nave turca – la Mavi Marmara – che cercava di forzare il blocco davanti alle coste di Gaza e uccise dieci passeggeri. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, pose come condizione irrinunciabile per il ritorno alla normalità con Israele la fine del blocco navale davanti alla costa della Striscia, ma i tempi cambiano e oggi quella condizione non appare più così irrinunciabile. Il medio oriente è cambiato, soprattutto dopo l’esplosione della crisi di sicurezza in Siria a partire dal 2011. Vecchie alleanze si sciolgono o si rafforzano e se ne formano di nuove.
Un funzionario israeliano spiega che come parte dell’accordo di riconciliazione il governo di Gerusalemme creerà un fondo per compensare le famiglie delle vittime della Mavi Marmara di circa 20 milioni di dollari, anche se il portavoce del ministero degli Esteri, Emmanuel Nahson, dice che la cifra non è stata ancora fissata. La Turchia in cambio lascerà cadere le accuse penali contro i comandanti israeliani e non permetterà più a un leader di Hamas, Salah Aruri, di vivere in Turchia. Aruri si occupa di ricostruire la presenza di Hamas nella West Bank, fuori dalla Striscia di Gaza, e di progettare attacchi contro Israele.
L’uomo al centro di questo accordo è Yossi Cohen, consigliere per la Sicurezza nazionale del primo ministro Benjamin Netanyahu, diventato capo dei servizi segreti (Mossad) il 7 dicembre. Cohen ha partecipato all’incontro riservato con i turchi a Zurigo, in Svizzera, da cui è nato l’accordo preliminare – assieme a un inviato speciale israeliano, Joseph Ciechanover.
Il riavvicinamento con Ankara fa parte delle nuove mansioni di Cohen, perché ha ricevuto l’incarico di proseguire nel solco del suo predecessore, Tamir Pardo, e quindi di coltivare i rapporti con le potenze sunnite della regione. Gerusalemme lo sta già facendo con l’Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi, con la Giordania di re Abdallah e con l’Arabia saudita di re Salman bin Aziz. Adesso è possibile che si aggiunga la Turchia di Erdogan.
Si tratta di approcci e relazioni discreti, che di rado appaiono sui media. Di recente si è scoperto che l’aviazione giordana ha partecipato a un’esercitazione congiunta con quella israeliana soltanto perché un pilota giordano s’è rifiutato di andare in Israele. “Sono diventato un pilota per combattere Israele, non per andarci in visita”, ha detto – prima di essere sospeso dal servizio per insubordinazione. L’Egitto partecipa, senza problemi, allo stesso tipo di esercitazioni militari, che vedono gli Stati Uniti nel ruolo di partner centrale.
Tutto pronto per lo sviluppo di Leviathan
L’agenzia Reuters scrive che la riconciliazione tra Turchia e Israele apre la strada a un accordo gigantesco per l’importazione di gas israeliano in Turchia, proprio quando rischiano di venire meno le importazioni di gas russo a causa della tensione altissima tra Ankara e Mosca dopo l’abbattimento di un bombardiere russo sul confine siriano a novembre.
[**Video_box_2**]La Turchia dipende dalla Russia per il sessanta per cento del suo consumo di gas ed è quindi vulnerabile a una eventuale rappresaglia nel settore energia da parte dei russi. Anche quando i rapporti erano congelati, dice una fonte turca a Reuters, l’idea di costruire un gasdotto e importare gas naturale dal giacimento Leviathan nel mare davanti Israele non è mai stata accantonata. “Sapevamo che una volta che si fosse risolto il problema politico, tutto il resto si sarebbe prontamente rimesso in moto”.
Leviathan ha riserve stimate pari a 622 milioni di metri cubi di gas e comincerà a produrre nel 2018-2020. La Turchia potrebbe comprare fino a un terzo della produzione. Il ministro dell’Energia israeliano, Yuval Steinitz, dice alla radio che normalizzare le relazioni con la Turchia ha un’importanza enorme per sviluppare il giacimento e anche per attrarre gli investitori stranieri di nuovo verso Israele. Giovedì, lo stesso giorno in cui è stato annunciato l’accordo preliminare, il governo di Gerusalemme ha anche dato il via libera a un accordo atteso a lungo che consente a una partnership commerciale israelo-americana di cominciare a sviluppare il giacimento.