Un soldato curdo presidia la diga di Mosul (foto LaPresse)

Guerra a Baghdad

Il no dell'Iraq ai soldati italiani a Mosul è solo “ammuina politica”

Daniele Raineri
A Ramadi le forze speciali stanno avanzando contro lo Stato islamico, grazie all’aiuto degli aerei americani. Il sito più probabile per i soldati italiani è una base abbandonata dall’esercito iracheno nel 2014.

Roma. Due giornalisti iracheni che si occupano di notizie d’agenzia a Baghdad  hanno due versioni diverse sulla missione militare italiana alla diga di Mosul (preferiscono che il Foglio non pubblichi i nomi). Il primo dice che il governo iracheno è gia favorevole all’appalto alla ditta Trevi di Cesena, ma una parte (del governo) è contraria all’arrivo di soldati italiani, perché c’è nervosismo e c’è appena stato un confronto diplomatico teso con la Turchia. Ankara ha prima mandato rinforzi ingenti a una base militare che controlla nel nord dell’Iraq e ora sta – con calma – richiamando i soldati, ma l’attrito con i turchi ha riflessi anche sulla vicenda italiana: “Il vostro primo ministro – è il commento del giornalista – ha scelto il momento sbagliato per l’annuncio”.

 

Il secondo esclude un “no” iracheno alla missione, spiega che si è trattato soltanto di una messinscena politica da parte del ministro delle Risorse idriche, Muhsin al Shammary, che appartiene dal punto di vista politico al blocco controllato da Moqtada al Sadr. Al Sadr è un religioso sciita che si scaglia con puntualità contro le interferenze straniere soprattutto quando ha bisogno dell’attenzione dei media. Insomma: “una parte del governo è ostile” oppure “è soltanto messinscena”, e questa incertezza è soltanto un esempio del clima politico confuso che si respira nel paese. Dove andranno i soldati italiani? Una fonte che si occupa specificamente di sicurezza militare in Iraq dice al Foglio che il sito più probabile è la base del terzo battaglione – nona brigata della Terza divisione dell’esercito iracheno, tre chilometri a sud-ovest della diga, in direzione di Aski Mosul, a nord rispetto alla strada che collega Mosul con Tal Afar, entrambe sotto il controllo storico dello Stato islamico.

 

Quel reparto dell’esercito iracheno si è dissolto come molti altri nel giugno 2014, quando lo Stato islamico ha lanciato la sua offensiva contro Mosul e poi oltre, fino a coinvolgere parti vaste dell’Iraq centrale. E’ probabile che quella base sia oggi usata dai peshmerga curdi che hanno cacciato lo Stato islamico dalla diga nell’estate 2014 o dagli Zerevany, la forza di sicurezza paramilitare del governo autonomo curdo.

 

[**Video_box_2**]Mosul è destinata nei piani del governo iracheno a essere l’ultima zona del paese sotto il controllo dello Stato islamico (prima della vittoria finale, intendono). Ora i combattimenti sono più a sud-ovest, a Ramadi, capitale della regione dell’Anbar. Le truppe dell’esercito iracheno, in particolare la cosiddetta “Divisione dorata” – che sono le forze speciali, ma sarebbe meglio temperare questa qualifica con un po’ di understatement – sono entrate in città e stanno combattendo per arrivare in centro. L’obbiettivo è strappare allo Stato islamico il controllo del centro governativo, un complesso di edifici che era al centro dei combattimenti anche sei anni fa, quando Ramadi era controllata dalle truppe americane – anche se allora le parti erano rovesciate, guerriglia fuori e governo dentro.

 

Secondo una fonte del governo di Anbar che parla ai media iracheni, a Ramadi stanno combattendo anche le forze speciali americane con l’aiuto di elicotteri da guerra Apache, ma secondo altre fonti ci sono soltanto ufficiali americani dentro il centro di comando dell’esercito per passare le coordinate ai jet. I raid aerei americani ora sono più frequenti e più coordinati con le forze locali, dicono i soldati iracheni delle unità speciali a un corrispondente di ViceNews embedded tra loro, Aymenn Oghanna. Ieri il portavoce della missione americana ha fatto circolare un volantino dello Stato islamico che ordina di commettere e filmare atrocità con addosso le uniformi di milizie sciite, ma gli esperti dicono che si tratta di un falso.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)