Chi entrerà per primo in Libia? Attese e contese tra Parigi e Roma
Tolosa. Parigi sta preparando un intervento militare in Libia contro lo Stato islamico, come confermano anche ambienti londinesi e come dice il Figaro, sostenendo che la missione è urgente, serve entro sei mesi. L’attivismo francese preoccupa l’Italia, che vive la Libia come un suo protettorato: sembra di essere di nuovo nel 2011, quando la Francia decise di intervenire contro Muammar Gheddafi senza considerare le sensibilità italiane al riguardo: al tempo, l’azione francese fu vissuta male dagli italiani che temevano per i loro interessi economici e non capivano le motivazioni dell’interventismo francese. Gli attentati del 13 novembre a Parigi hanno rafforzato l’attivismo francese: Parigi ora sente la necessità di una risposta al terrorismo con la forza, e il sentimento è condiviso dalla pancia del paese. Dopo l’attacco, la Francia ha invocato la solidarietà europea tramite l’articolo 42.7 del Trattato dell’Unione: l’Irlanda, il Regno Unito, il Belgio e la Germania hanno risposto in modo positivo, anche con contributi militari a missioni dell’Onu in corso – aiuto indispensabile per una difesa francese stremata dalla necessità di dispiegare truppe in funzione di polizia. L’Italia ha confermato la propria solidarietà, dando però una risposta che è stata percepita come paradossale a Parigi, del tipo: “Abbiamo già dato il nostro contributo con la partecipazione alle varie missioni prima degli attentati”. Il risultato è che a Parigi molti lamentano l’assenza di risposte concrete da parte dell’Italia.
E’ in questo contesto delicato che i motori dei caccia sono pronti a riscaldarsi per lanciarsi all’assalto degli insediamenti libici dello Stato islamico, ad esempio a Sirte. L’Italia esprime una grande sensibilità sulle questioni libiche, non soltanto per motivi di realpolitik (la crisi migratoria e la tutela dei giacimenti dell’Eni), ma anche perché buona parte dello sforzo diplomatico del paese è stato fatto per cercare una soluzione negoziata alla crisi del paese. A differenza di quanto accadde nel 2011 quando al governo c’era Silvio Berlusconi, i francesi oggi non sono indifferenti nei confronti dell’Italia, e anzi guardano con attenzione al governo di Matteo Renzi. Ma mal comprendono perché l’Italia non abbia dato segnali concreti di solidarietà verso la Francia ferita e ritengono anzi di dovere andare avanti in modo autonomo, anche nel pianificare operazioni contro lo Stato islamico in Libia. Questo non piace al governo di Roma, che da sempre rivendica un ruolo di leadership in una futura missione.
[**Video_box_2**]Dopo il recente accordo libico siglato con la spinta delle Nazioni Unite, è stata predisposta una road map per la Libia, ma le basi dell’accordo sono fragili. Uno dei problemi maggiori è la situazione delle forze di sicurezza locali in Libia e la loro governance politica. Da questo punto di vista la scelta del generale italiano Paolo Serra come consigliere militare dell’inviato dell’Onu in Libia, il tedesco Martin Kobler, è positiva, ma si tratta di un’iniziativa di poche settimane fa: esistono molte incognite legate a un intervento contro il gruppo di al Baghdadi in Libia, come la possibilità che attacchi occidentali rinforzino il consenso fra le tribù locali attorno allo stesso Stato islamico. Sono sfumature importanti che gli italiani hanno presente, ma che oggi potrebbero passare in secondo piano se s’instaura una competizione Tra Francia e Italia tra chi entrerà per primo in Libia. Si tratta di una storia antica, che richiama al legame di fine Ottocento fra la creazione dell’Italia e la rivendicazione di un potere coloniale nel Mediterraneo, con le memorabili tensioni Tra Francia e Italia in occasione dello “schiaffo di Tunisi” del 1881. Oggi però un ruolo importante dell’Italia rimane auspicabile e potrebbe rappresentare anche un’occasione di maggiore dialogo con la Francia, impegnata su molti fronti. Sarebbe necessario, per la Libia stessa, che Italia e Francia fossero interventiste insieme, e si coordinassero.