Macri prova a cambiare il Mercosur tra i problemi dei populismi sudamericani
Da un po’ di tempo alla Farnesina dicevano, più o meno off records, che i progetti di Italia e Unione Europea con il Mercosur erano in stand by, in attesa che si levassero di mezzo Cristina Kirchner e Nicolás Maduro. Adesso il mandato di Cristina Kirchner si è concluso, e sconfitto il suo delfino Daniel Scioli presidente dell’Argentina è diventato il liberale Mauricio Macri. Maduro è invece ancora presidente del Venezuela, ma alle politiche l’opposizione ha ottenuto nell’Assemblea Nazionale una maggioranza corposa. Anche la crisi di Dilma Rousseff in Brasile, il disgelo pur ancora limitato tra Cuba e Stati Uniti e il processo di pace in Colombia indicano una situazione in rapido movimento.
Al centro dei nuovi interessi economico politici verso il Sud America c’è prima di tutto il Mercosur. Che dell’Unione Europea dovrebbe essere un figlio prediletto, perché figlio del tentativo di portare in Sudamerica il modello dell’integrazione europea. Era stato costituito col Trattato di Asunción del 25 marzo 1990, con la partecipazione di Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay che, in teoria aboliti, avrebbe dovuto abolire i dazi doganali, adottando una tariffa comune verso i terzi. Ma sono rimaste così tante eccezioni che un’integrazione vera non si è mai avuta, i soci hanno mantenuto tra di loro un livello di litigiosità altissimo, e in particolare i 12 anni dei coniugi Kirchner hanno ulteriormente bloccato ogni sviluppo: sia verso una maggior integrazione interna, che verso il progetto di un’intesa con l’Unione Europea, al punto che gli altri partner si erano a un certo punto messi a trattare con Bruxelles ognuno per conto proprio. Ma più che altro come strumento di pressione, perché nessun membro del Mercosur può in realtà firmare alcun trattato di libero commercio con Paesi terzi senza l’assenso degli altri partner. Quando nel 2012 era stato ammesso pure il Venezuela di Chávez il Mercosur ha iniziato a essere sempre meno utile e allettante poiché il leader venezuelano ha utilizzato l’area come forum politico e propagandistico, senza ratificarne nessuno degli strumenti. Meno che mai quello sulla democrazia, che lo avrebbe esposto al rischio di controlli, censure e perfino sospensioni.
Ora però qualcosa sta cambiando: i Kirchner sono stati sostituiti dal liberale Macri che spinge per una revisione dell’accordo. Una volontà di cambiare marcia importante che però si scontra con i problemi degli altri paesi. In Brasile la perdita di consenso e potere di Dilma Rousseff e la peggior crisi economica dal 1931 dopo il downgrading da parte di tutte e tre le grandi agenzie di rating ha portato alla sostituzione al ministero dell’Economia dell’ortodosso Joaquin Levy con Nelson Barbosa: il che fa temere a molti un’ulteriore involuzione populista tale da compensare in senso negativo l’arrivo di Macri alla Casa Rosada. E pure in Venezuela la situazione rischia di complicarsi ulteriormente: Maduro infatti sta cercando di adottare misure anti opposizione per controbatterne l’exploit elettorale: dalla nomina in extremis di nuovi giudici del Tribunal Supremo de Justicia all’insediamento di un farsesco Parlamento Comunale alternativo all’Assemblea Nazionale, fino a un massiccio ricorso per far invalidare abbastanza elezioni di deputati da far perdere all’opposizione la maggioranza qualificata.
[**Video_box_2**]Sono tutti problemi emersi quando lunedì 21 dicembre i leader del Mercosur si sono visti a Asunción per la prima volta con Macri. Il giorno prima si erano visti i ministri degli Esteri, e da loro era venuto un accordo per avanzare nelle relazioni con l’Unione Europea, ma anche con la Cina, la Russia, il Giappone e il Canada. “Ci siamo accordati sul principio che il Mercosur deve andare avanti su tutto quel che riguarda il relazionamento con l’esterno”, ha detto il ministro degli Esteri paraguayano Eladio Loizaga. “È necessario che il Mercosur riprenda le sue origini, l’articolo primo sulla libera circolazione di beni, servizi e fattori di produzione”. Il nuovo ministro dell’Economia argentino Alfonso Prat-Gay a sua volta ha annunciato che il Mercosur è pronto a riprendere quel negoziato con l’Ue che era bloccato dal 2004. Quando poi si è passato ai presidenti, però, invece che parlare di economia e aperture si è andati a un durissimo scontro politico. In effetti, Maduro non è venuto, così come era stato l’unico presidente latino-americano a non venire all’insediamento di Macri. E non è chiaro se sia semplicemente troppo distratto dal compito di tendere trappole alla nuova Assemblea Nazionale, o se voglia anche evitare un faccia a faccia con un nuovo presidente argentino da molti percepito come la sua nemesi. A ogni modo al suo posto è venuta la ministro degli Esteri Delcy Rodríguez, e la battaglia è stata al calor bianco. Macri le ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici. Lei ha risposto che si tratta di violenti, e accusandolo di voler liberare i violatori dei diritti umani al tempo della dittatura. Mentre il presidente paraguayano Horacio Cartes si schierava decisamente con Macri, la Rousseff e l’uruguayano Tabaré Vásquez facevano i proverbiali pesci in barile. Alla fine, però, senza fare nomi, è stato chiesto a tutti i soci di aderire il più presto possibile al Protocollo di Asunción del 2005 sui diritti umani: il Venezuela è l’unico a non averlo ancora fatto. E si farà anche un consiglio dei diritti umani. In modo soft, ma il governo di Maduro è stato messo con le spalle al muro. In più, è in agenda un vertice congiunto con la più liberista Alleanza del Pacifico. Anche questo è un segnale.