Disaccordo nucleare
New York. Le nuove sanzioni all’Iran per lo sviluppo del programma missilistico erano già arrivate dal dipartimento del Tesoro alla scrivania della Casa Bianca, e un annuncio pubblico era stato programmato per mercoledì scorso. All’ultimo, ha scritto il Wall Street Journal, la comunicazione è stata cancellata dall’agenda e le sanzioni sono state congelate in modo temporaneo, anche se per il momento non è chiaro se e quando l’Amministrazione vorrà procedere con una misura politicamente delicatissima dopo l’accordo nucleare con l’Iran. Nella tarda mattina di mercoledì, dopo essere stati allertati circa l’annuncio imminente, i membri del Congresso hanno ricevuto via email la comunicazione che tutto era stato “spostato di qualche ora”. In serata la Casa Bianca ha confermato che le sanzioni sono state rimandate a data da destinarsi. Gli obiettivi che per il momento sono stati risparmiati sono una decina di aziende e persone in Iran, a Hong Kong e negli Emirati Arabi che hanno contribuito a vario titolo alle recenti espansioni del programma missilistico.
Per Teheran l’imposizione di nuove sanzioni è una condizione che farebbe saltare i termini dell’accordo nucleare e quando si è diffusa la notizia che Washington stava preparando una misura per rispondere ai recenti test dell’Iran, il presidente Hassan Rohani ha annunciato via Twitter l’accelerazione del programma e ha minacciato ulteriori sviluppi qualora continuassero le “interferenze illegittime” degli Stati Uniti. Il punto di Rohani è che l’accordo nucleare e il programma missilistico sono due oggetti chiaramente distinti, non sovrapponibili: “Non abbiamo mai negoziato nulla riguardo ai nostri mezzi difensivi, incluso il programma balistico, e non accetteremo nessuna restrizione al riguardo”. Paradossalmente è lo stesso argomento con cui il dipartimento di stato difende la legittimità di nuove sanzioni. Il portavoce di Foggy Bottom, John Kirby, ha spiegato che “fuori dai parametri del programma nucleare iraniano continueremo a prendere le misure necessarie per affrontare il comportamento destabilizzante di Teheran”. I missili e il programma nucleare sono dossier separati, senonché dopo il grande accordo con l’America, l’Iran si sente schermato da qualunque sanzione, anche quelle che non toccano direttamente i termini del deal. Poiché si parla di missili in grado di portare una testata nucleare, il caso in questione è nel mezzo di una zona grigia.
Le sanzioni evocate e all’ultimo rimandate da Barack Obama sono la risposta a due test balistici fatti dall’Iran in autunno. In ottobre l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso l’Onu, Samantha Power, ha confermato che “il missile a media gittata lanciato il 10 ottobre dall’Iran può essere armato con una bomba nucleare”, cosa che costituisce una “chiara violazione della risoluzione 1.929 del Consiglio di sicurezza”. Anche un panel di esperti indipendenti consultato dell’Onu ha confermato che i test violano i termini dell’accordo.
[**Video_box_2**]Una falsa partenza
Ricapitolando: Washington accusa Teheran di violare una risoluzione dell’Onu, Teheran risponde che l’eventuale sanzione per lo sgarro comporta automaticamente una violazione dell’accordo faticosamente negoziato fra i due paesi e preventivamente esibito da Obama come fiore all’occhiello della sua legacy. Un groviglio che dà l’impressione, non certo nuova, che la leva vantaggiosa nella partnership sia nelle mani degli ayatollah, che ottengono un ripensamento americano semplicemente minacciando di far saltare un accordo storico. La Casa Bianca agita minacce salvo poi fermare tutto dicendo, con linguaggio particolarmente fumoso, che sta “considerando vari aspetti legati a designazioni aggiuntive, oltre al lavorìo diplomatico che si sta evolvendo in modo coerente con i nostri interessi”. Nei piani dell’Amministrazione gennaio dovrebbe essere il mese in cui l’accordo nucleare inizia a essere messo in pratica, scongelando in modo progressivo circa 100 miliardi di dollari iraniani bloccati in fondi stranieri. Si vedrà. Intanto l’anno si è concluso con un’altra falsa partenza.