Lo stato della legacy
New York. Più che lo stato dell’Unione, l’oggetto dell’ultimo discorso di Barack Obama davanti alle Camere riunite in seduta comune è lo stato della sua legacy. Si tratta di ripercorrere i successi politici dei due mandati e proiettarne una gif nella timeline della storia, una serie di selfie nella sala dei trofei di Instagram. Obama trasforma creativamente il dovere costituzionale del presidente di riferire al popolo sull’andamento della nazione (articolo II, sezione 3) nell’occasione per specchiarsi e fare bilanci sull’operato, consegnando idealmente i frutti raccolti al successore. In passato il discorso sullo stato dell’Unione è stato tramutato in un lungo appello al Congresso per votare leggi gradite alla Casa Bianca, ma questa volta Obama le usa per marcare una virata finale: tutto ciò che non è stato fatto fin qui per l’ostruzionismo ottuso di un Congresso troppo impegnato a litigare per disturbarsi a portare l’America nel futuro lo farò da me. Questo è il messaggio.
Sul controllo delle armi da fuoco ha già agito con una decina di ordini esecutivi per imporre controlli più accurati su chi compra e vende armi, provvedimenti largamente simbolici ma è proprio lì, sul palcoscenico dei simboli, che Obama recita il suo ultimo atto. La sedia vuota per le vittime delle armi da fuoco lasciata nel palchetto d’onore è l’immagine sintetica. Sulla chiusura di Guantanamo, la promessa originaria nella lista del “change” obamiano, due ex consiglieri del presidente hanno scritto che “se il Congresso non può o non vuole lavorare con lui, Obama dovrebbe usare la sua autorità esclusiva di comandante in capo per chiudere quella struttura e togliere la macchia sui valori americani e sulla sicurezza nazionale”, e questa è l’ultima occasione di tipo istituzionale per rilanciare la promessa in grande stile. “Sente un obbligo nei confronti del prossimo presidente. Sistemerà questa cosa in modo che nessuno debba trovarsi con questo problema da risolvere in futuro", ha detto il capo di gabinetto, Denis McDonough. Ma si tratta anche di trascendere, di mettere la propria sagoma sullo sfondo della leggenda.
“Quello su cui mi voglio concentrare per questo discorso sullo stato dell’Unione non sono soltanto i progressi notevoli che abbiamo fatto, e nemmeno ciò che intendo fare durante quest’anno, ma ciò che tutti insieme dobbiamo fare negli anni che verranno, gli obiettivi importanti che garantiranno ai nostri figli un’America ancora più forte, migliore e più fiorente”, ha detto Obama nel video di preview del discorso.
Come ha osservato in un articolo al solito brillante Peter Baker del New York Times, quello che Obama non dirà esplicitamente è che l’America è molto più sicura di prima, e per un americano è “più probabile essere ucciso in un incidente stradale o affogare nella vasca da bagno o essere colpito da un fulmine che essere ucciso in un attacco terroristico”. Rassicurare è l’obiettivo stagionale del presidente del disimpegno e dell’inazione, e l’idea che l’America è più sicura è il messaggio che sarà più complicato trasmettere da qui all’addio alla Casa Bianca.
[**Video_box_2**]I filtri narrativi contano e nessuno lo sa meglio di Obama. Jason Goldman, il digitalizzatore della Casa Bianca, ha predisposto nuove piattaforme e allargato la presenza social per massimizzare l’impatto di questo trailer dell’epica obamiana. La novità dello scorso anno era l’anticipazione del discorso su Medium, quest’anno c’è lo streaming su Amazon, il nuovo account Snapchat per postare immagini dei retroscena del discorso in tempo reale, le annotazioni su Genius per dare contesto e profondità alle parole. Dopo il discorso saranno tre celebrities di YouTube a intervistare il presidente. Un gamer, un educatore e una fashionista saranno gli interlocutori smart di Obama, in luogo di intervistatori più paludati e tradizionali. Il resto della narrazione lo fanno gli invitati di Michelle, ché da decenni la tradizione vuole che sia la First lady a convocare gli ospiti speciali della serata, ciascuno accuratamente selezionato per sottolineare un pezzetto del messaggio presidenziale. Assisteranno all’ultimo discorso un rifugiato siriano, l’attivista gay che ha vinto la definitiva causa alla Corte suprema, il soldato che ha sventato l’attentato sul treno francese. Fra gli altri ci sarà anche Nadya Satella, ceo di Microsoft votato alla lotta per l’uguaglianza.
Dalle piazze ai palazzi