Non solo Colonia. In Egitto una app prova a salvare le donne dagli stupri
Harass Map, in inglese “mappa delle molestie”, è tre cose assieme. Primo: una ong egiziana. Secondo: il sito Internet della stessa ong. Terzo: una app che l’ong attraverso il sito ha sviluppato a partire dal 2010. Il Foglio se ne era già occupato, ma sul versante tecnologico, come esempio di una startup di successo nata nel Continente Africano. Questa però è la parte mezza piena del bicchiere. La parte mezza vuota è che una simile trovata non sia stata realizzata per aiutare la gente a lavorare in modo più efficiente, divertirsi o informarsi, ma per aiutare le donne egiziane a difendersi dalle molestie sessuali, evidenziandole con una mappa. Tramite Harass Map, in concreto, le donne egiziane possono sia controllare sul cellulare quali sono i luoghi più pericolosi; sia usare il cellulare per chiedere subito aiuto.
L’informazione è a suo modo una risposta alla domanda che in molti si stanno ora facendo dopo i fatti di Capodanno a Colonia: ma in medio oriente ci si rende conto del fatto che tra molti maschi locali esiste una vera e propria cultura dello stupro? Sì. Per lo meno tra le donne: si tratta di una realtà con la quale devono fare i conti tutti i giorni. E per affrontarla sono state costrette a dispiegare quel tipo di inventiva che in altri contesti ha invece prodotto Uber, Netflix o Airbnb. Evidentemente, in Egitto salvarsi dagli stupratori è più urgente che cercare un taxi o una camera d’hotel.
Già nel 2008 uno studio del Centro egiziano per i diritti umani e dell’Unfpa indicava il Cairo come la capitale araba delle molestie sessuali, con quasi la metà delle donne che dichiarava di doverle subire quotidianamente e l’83 per cento che diceva di averlo sperimentato almeno una volta nella vita. Dopo la rivoluzione del 25 gennaio 2011 il fenomeno arrivò alla ribalta internazionale per vari casi di giornaliste inviate da grandi media internazionali divenute vittime a loro volta. Una fu ad esempio Lara Logan, corrispondente della Cbs di origine sudafricana che due mesi dopo la cacciata di Mubarak decise di raccontare come proprio la notte dell’11 febbraio 2011 in piazza Tahrir era stata violentata da una quindicina di uomini. L’anno successivo, un dramma simile fu vissuto da Sonia Dridi, corrispondente di France 24 a sua volta aggredita da una folla di giovani uomini in Piazza Tahrir, il 21 ottobre 2012.
[**Video_box_2**]I fatti di Colonia sembrano però suggerire che il problema non è solo egiziano. Prima ancora che in Germania avvisaglie in tal genere si erano riscontrate in Norvegia: un Paese con una radicata tradizione di accoglienza dove però c’è ora un governo di centro-destra che ha iniziato a riesaminare il dossier, e dove il 40 per cento dei centri per migranti è gestito dalla società privata “Hero”. Proprio per evitare che alcuni incidenti si trasformassero in fenomeno di massa Hero ha iniziato a organizzare per gli stranieri corsi di educazione sessuale, per imparare a capire i costumi locali e a rispettarli: “Il nostro scopo è evitare che i richiedenti asilo cadano in errore quando scoprono la cultura norvegese” spiegano a Hero. “Deve esserci tolleranza per atteggiamenti che potrebbero sembrare immorali. Ad esempio un migrante si è detto sorpreso per l'interesse che alcune ragazze gli hanno rivolto, ponendogli delle domande. Questo non significa che quelle ragazze vogliano andare a letto con lui”. “Può essere difficile capire certe cose per chi viene da un Paese dove le donne non escono mai. Bisogna far entrare bene in testa che se una donna va a ballare di sera con un abito corto, ciò non significa che sei autorizzato con lei a fare quello che ti pare”.
L’esperienza sembra aver funzionato e sta per essere riprodotta in Danimarca, con un interesse che proviene da tutto l’arco politico. Anche in Danimarca gli stranieri sono colpevoli di una quantità di stupri nettamente al di sopra della loro consistenza: il 34,5 per cento delle condanne contro il 12 per cento della popolazione. Le ore aggiuntive di educazione sessuale verrebbero aggiunte ai corsi di lingua danese già obbligatori.