Così in tutta Europa è diventata pericolosa la kippah
Roma. L’agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra) rivela che un terzo degli ebrei del Vecchio continente ha smesso di indossare i simboli religiosi a causa del timore di attacchi. Un dato uscito prima che il presidente del concistoro ebraico di Marsiglia, Zvi Ammar, invitasse i suoi correligionari “a non indossare la kippah in strada per non essere riconosciuti come ebrei”. “Lancio questo appello con dolore”, ha detto due giorni fa Ammar al quotidiano la Provence, dopo l’ennesima aggressione a colpi di machete contro un insegnante ebreo nella città francese. Il professore è stato ferito a coltellate da un attentatore che ha detto di aver agito a nome dello Stato islamico. Non mettere la kippah, il copricapo religioso indossato dagli ebrei, “può salvare delle vite umane e niente è più importante di questo”, ha detto Ammar. “E’ triste arrivare a questo nel 2016 in un paese democratico come la Francia ma di fronte a una situazione eccezionale bisogna prendere misure eccezionali. Non voglio che si muoia a Marsiglia perché si porta una kippah in testa... Io stesso questo sabato, per la prima volta nella mia vita, non porterò la kippah per andare in sinagoga”. Lo stesso appello è stato rivolto agli ebrei di Danimarca: le persone di religione ebraica che vivono o si trovano di passaggio in Danimarca “non dovrebbero indossare o mostrare i simboli della loro fede”. Era pericoloso nella Danimarca del 1943, lo è ancora in quella del 2016.
“E’ meglio che indossiate un altro copricapo”, ha detto Josef Schuster, presidente del consiglio degli ebrei di Germania. E anche l’Abraham Geiger College a Potsdam, come la Scuola Or Avner di Berlino, hanno invitato gli studenti a non portare la kippah per strada. Anche la comunità ebraica di Norvegia ha adottato “l’invisibilità” come metodo per vivere più sicuri. Niente zucchetti per strada. Lo stesso succede in Svezia e in Belgio. I simboli ebraici stanno scomparendo da tutto il Vecchio continente. Il Congresso ebraico europeo ha un sondaggio-choc nel cassetto: “Un terzo degli ebrei europei sta pensando di emigrare”. Si tratta di settecentomila persone. “Gli ebrei d’Europa sono a un bivio”, ci dice Moshe Kantor, presidente del Congresso ebraico europeo con sede a Bruxelles. “Il 2015 è stato un anno terribile per molti ebrei di tutta Europa. Non ci sono solo gli attacchi terroristici, ma la ‘nuova normalità’ per gli ebrei che subiscono minacce su base giornaliera”. Gli ebrei, al ghetto, preferiranno l’esilio in Israele. Come quest’anno appena passato hanno fatto quasi diecimila francesi. “Se le autorità continuano ad aggiungere solo misure difensive, la costruzione di muri e porte più alti, più spessi, una maggiore presenza della polizia al di fuori di istituzioni ebraiche, tra cui gli asili nido, allora gli ebrei non vorranno vivere questa esistenza imprigionata e lasceranno l’Europa in gran numero. Al momento l’islamismo ha il sopravvento nella battaglia contro di noi. Il popolo ebraico è da sempre il ‘canarino nella miniera’: gli ebrei sono spesso il primo obiettivo, ma non l’ultimo”. Michael Bensaadon, capo dell’organizzazione Klita che coordina gli sforzi per portare gli ebrei in Israele, parla dell’“ottanta per cento degli ebrei francesi che considera di fare l’alyah”. Nell’ultimo anno, c’è stato un aumento del trenta per cento di partenze anche dall’Inghilterra.
[**Video_box_2**]Ieri, mentre dagli Stati Uniti arrivava la notizia che la chiesa metodista boicotterà quattro banche israeliane, il ministro degli Esteri svedese, Margot Wallström, apriva una inchiesta contro Israele per l’“esecuzione extragiudiziaria” dei terroristi palestinesi.
Tira una brutta aria per gli ebrei.