Nahles, ministro dell'Spd, sui migranti fa il controcanto a Merkel
Heidelberg. A due settimane dai fatti di Colonia, la notte di Capodanno in occasione della quale centinaia di donne sono state molestate da bande di immigrati (con alcuni dei fermati che sono da poco giunti in Germania), il governo di grande coalizione tra cristiano-democratici, cristiano-sociali e socialdemocratici è impegnato a rivedere la “strategia delle porte aperte”. Mentre ieri mattina il consiglio dei ministri tedesco licenziava un disegno di legge che prevedeva tra le altre cose il rimpatrio per cittadini stranieri che abbiano commesso reati e siano stati condannati a pene detentive superiori a un anno, le autorità austriache facevano sapere che, dal 1° gennaio scorso, la Germania avrebbe iniziato a rispedire indietro centinaia di migranti non appena superata la frontiera. In tutto questo, la ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Nahles, continua a esprimere forti critiche all’ormai traballante linea merkeliana dell'accoglienza per tutti. Quarantacinque anni, membro dell'ala sinistra del partito socialdemocratico, cattolica e amica del cardinale Karl Lehmann, Nahles ha da sempre un rapporto teso con la Cancelliera. Ai tempi della prima Große Koalition (2005-2009), da vicepresidente e poi da segretario generale dell’Spd, giudicò severamente la subalternità del suo partito alla Cdu/Csu in politica economica, mentre oggi, da ministro che condivide responsabilità di governo, non perde occasione per sottolineare le differenze tra l’agenda della Cancelliera e quella del suo dicastero.
Dopo essere riuscita a varare il salario minimo generalizzato per tutta la Germania e una contro-riforma delle pensioni che abbassa l’età pensionabile da 67 a 63 anni per chi abbia almeno quarantacinque anni di contributi, Nahles vorrebbe approfittare ora della temporanea impopolarità di Merkel per adottare misure restrittive in materia di immigrazione. Come notava domenica scorsa il quotidiano conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung, la posizione di Nahles non è affatto irrazionale e contraddittoria rispetto agli impegni del suo ministero. Un massiccio afflusso di rifugiati dal medio oriente e dall’Africa oltreché di immigrati dall’Europa dell’Est provoca un netto aumento delle prestazioni sociali. L’integrazione nel tessuto economico della Repubblica federale di un milione di persone è difficile e il rischio che gli assegni di disoccupazione e la garanzia del minimo vitale si traducano in una batosta per i conti pubblici tedeschi è tutto fuorché irrealistico. Ma a Nahles preme innanzitutto mantenere la pace sociale in Germania. Il motto rassicurante di Frau Merkel “wir schaffen das” (ce la facciamo) è in realtà foriero di instabilità, se la classe dirigente non guarda alle conseguenze che un’accoglienza indiscriminata rischia di produrre per la convivenza sociale. Di questo Nahles è ben conscia. All’irenismo merkeliano preferisce quindi un po’ di sano realismo: “Non c’è prova che la maggioranza dei siriani che entrano in Germania siano altamente qualificati. Il numero dei disoccupati aumenterà”, ha detto il ministro a settembre quando si è vista costretta a chiedere maggiori risorse al fine di assicurare una migliore integrazione dei rifugiati. E l’elettorato socialdemocratico a cui lei ora offre di innalzare il salario minimo dal 2017 guarda con diffidenza alla concorrenza dei nuovi arrivati.
[**Video_box_2**]I diritti sociali costano e il rischio che la coperta diventi troppo corta anche per la ricca Germania diffonde inquietudine nella popolazione. Inquietudine che Nahles vorrebbe placare. Così si spiegano, per esempio, le dichiarazioni del ministro a difesa dei comuni tedeschi, gli enti pubblici che per primi sono chiamati a fare i conti con l’aumento della spesa sociale provocata dagli spostamenti di massa. La “dottrina Nahles” per limitare l'impatto finanziario del turismo del welfare è stata recepita, per così dire, dalla giurisprudenza tedesca che subordina a requisiti minimi sempre più stringenti il beneficio di un sussidio economico da parte di un cittadino comunitario. In un momento in cui la Cancelliera vacilla e rischia di trascinare nell’abisso non soltanto il consenso popolare per la sua unione cristiano-democratica, ma anche per gli alleati dell’Spd, Andrea Nahles è il solo politico socialdemocratico in grado di smarcarsi dal pensiero unico merkeliano.